Polemos è il padre di tutto
Il concetto di guerra ha marcato la storia dell’umanità da sempre. Si pensi, ad esempio, ai tempi dei grandi poemi epici come l’Iliade, in cui è narrato il conflitto fra achei e troiani per la conquista della rocca di Ilio, o l’Eneide, che descrive la guerra condotta da Enea per fondare la futura civiltà romana. Uno dei primi filosofi ad affrontare il tema del conflitto fu il fisico monista greco Eraclito che, nel suo poema Περί Φύσεως (“Sulla Natura”), analizza il funzionamento della natura spiegando come il mondo sia regolato dal concetto di πόλεμος, un perenne conflitto fra le parti.
Sebbene le guerre caratterizzino il percorso della civiltà umana da sempre, emerge un periodo storico che supera gli altri in quanto a crudeltà e globalità dei conflitti: il XX secolo. In questi cento anni gli scrittori hanno versato fiumi di inchiostro interrogandosi sulla guerra e cercando di legittimarne l’esistenza. In questo secolo trovano la luce testi come il Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, che – pur in un contesto di tipo letterario e culturale – elogia in ogni aspetto la guerra descrivendola come purificatrice del mondo e più avanti, nel 1925, il Mein Kampf di Adolf Hitler, un saggio dove il futuro Führer riassume i punti chiave della politica nazista, quali il forte antisemitismo e la necessità della conquista del Lebensraum, lo spazio vitale, attraverso l’invasione e l’annessione dei territori nell’Europa orientale.
La visione radicale di Marinetti della guerra come igiene del mondo è becera e richiama il comportamento delle bestie che, dominate dall’istinto e non dalla ragione, non hanno altra soluzione che attaccarsi vicendevolmente per risolvere le faide. Gli esseri umani, al contrario, sono abilitati dall’intelletto alla facoltà del pensiero, il che permette di poter risolvere le liti attraverso il dialogo, cercando, alla maniera di Socrate, di scovare e confutare le falle nel discorso dell’interlocutore.
L’interpretazione del πόλεμος eracliteo nell’ottica di lotta verbale rappresenta elemento base costitutivo della democrazia, la forma di governo adottata, in maniera più o meno efficace, da poco più del 40% dei paesi del mondo. L’importanza del pluralismo delle idee in democrazia è fondamentale per evitare la logica del pensiero unico e per allenare l’uso del senso critico, che è ciò che distingue l’uomo dotato di ragione da una pecora che segue il gregge senza interrogarsi sul perché.
Gli oltre settant’anni di pace in Europa, dopo gli scempi del secondo conflitto mondiale, sono figli del battibeccare continuo fra opposizioni e maggioranze che discute fino a giungere ad un compromesso, garantendo che funzioni il processo democratico. La pace vive solo in un mondo dove si dibatte rispettandosi reciprocamente, e l’unica forma di governo che si impegna a tutelare la pace è la democrazia. L’origine dei conflitti e delle guerre è appunto radicata nei paesi dove le libertà di espressione e di pensiero sono ristrette e censurate.
Pace e guerra sono due volti della medesima medaglia. Oggi siamo ulteriormente chiamati a confrontarci con nuove importanti sfide globali: cambiamento climatico, pandemie e disuguaglianza sono il nuovo nemico contro cui dichiarare guerra. Il genere umano riuscirà a cooperare, unito insieme, con l’obiettivo di donarsi un futuro sostenibile in cui vivere? O fallirà miseramente e firmerà la sua condanna a morte soccombendo al ripetersi della storia?
Luca Palis