Povera patria

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franco_battiato«Come un branco di lupi, che scende dagli altopiani ululando; come uno sciame di api, accanite divoratrici di petali odoranti; precipitano roteando come massi da altissimi monti in rovina. Uno dice: “Che male c’è a organizzare feste private con delle belle ragazze, per allietare i servitori dello stato?” Non ci siamo capiti: e perché mai dovremmo pagare anche gli extra a dei rincoglioniti?»
Franco Battiato, Inneres Auge, 2009

L’opinione dell’artista riguardo la condizione politica italiana non è mai stata esattamente un mistero, e se qualcuno ancora non avesse capito di chi si parla, basta osservare l’uso dei congiuntivi e di un lessico che si discosta da “sole-cuore-amore” per capire che la cerchia di cantanti italiani si restringe di molto. È uno dei pochi che non si è limitato a strimpellare negli ultimi anni, ma ha assunto la dimensione civile e poetica del suo ruolo pienamente. Non a caso è soprannominato “il maestro”; non a caso ha scritto pezzi di successo come “Voglio vederti ballare”, che cantanti disperati di bassa lega hanno remixato nella speranza di rimanere in radio mezza stagione; non a caso ha scritto “Povera patria”; non a caso ha scritto “La polvere del branco”. E sinceramente, tutto questo stupore nel sentire che Franco Battiato ha definito il nostro Parlamento un raduno di prostitute, è imbecille. Quella di Grillo forse è stata una rivoluzione, ma non basta inserire qualche faccino disteso e sorridente nel pantano generale perché le acque tornino limpide e il rischio di credere fiduciosamente ad un’illusione simile è di rimanere per sempre sommersi nella melma fino all’ombelico. Come è successo dopo Tangentopoli, quando siamo passati da una classe politica corrotta ma apparentemente per bene, ad un’altra classe politica altrettanto mafiosa ma che non ha avuto nemmeno la buona creanza di darsi da fare per nasconderlo.
Indubbiamente i toni usati sono stati poco convenzionali, provocatori ed offensivi, tanto che Crocetta si è sentito in dovere di togliere a Battiato l’incarico di assessore dei beni culturali in Sicilia, asserendo che: “Quando si sta nelle istituzioni si rispetta la dignità delle istituzioni medesime e nel caso di Battiato si è andati sicuramente ben oltre e si è violato il principio di sacralità delle stesse. (…) Quando si offende il Parlamento, si offende tutto il popolo italiano.”
Ma “sacro” è semplicemente una convenzione culturale; un oggetto, un culto, un’istituzione non sono sacri di per sé, lo diventano nel momento stesso in cui si stabilisce che così dev’essere; non a caso diviene sacro (e quindi inviolabile) ciò che concerne una forma di potere: per i romani erano sacre le istituzioni politiche, per le religioni dogmatiche sono sacri i culti e così il potere si garantisce una forma di rispetto fittizio che permette l’autoconservazione della casta.
Non donna di province ma bordello!Ma in una democrazia funzionante, una democrazia vera, le istituzioni non dovrebbero essere sacre; il rispetto e, come dice giustamente Crocetta, la dignità del Parlamento e delle altre istituzione non dovrebbero essere dati per scontati; dovrebbero essere il frutto di un lavoro svolto correttamente, il frutto di una giustizia sociale applicata e visibile, il frutto di una continua e proficua lotta per dare al popolo italiano un paese dignitoso in cui vivere; sono queste le basi di un rispetto che allora, e solo allora, sarebbe sentito e sincero. Un rispetto che oggi in Italia non c’è. E se attualmente la situazione non corrisponde, come effettivamente si può constatare, a questi standard (che non andrebbero mai considerati un’utopia, ma andrebbero perseguiti), se questa situazione, dico, non si verifica è giusto e doveroso chiamare col nome appropriato non tanto le istituzioni, quanto coloro che ne fanno parte e che con i loro atteggiamenti le screditano e le vanificano. Chi avrebbe il coraggio di rispettare e di ritenere sacra un’istituzione dove un’igienista dentale procace ha lo stesso potere di una Rosy Bindi, con la quale si può essere o meno d’accordo , ma che quanto meno ha sempre dimostrato una cultura e un contegno degne della sua carica? Vogliamo parlare dell’onorevole Prestigiacomo, che durante il suo incarico come Ministro dell’Ambiente andava da Milano a Roma in jet privato? Una vera ecologista, non c’è che dire. È lampante che certa gente non sia arrivata dove è arrivata per una questione di competenza ma per una questione di zinne. Far finta di niente e usare melliflui eufemismi non migliora la situazione e la vera mancanza di rispetto nei confronti degli Italiani consiste nell’ aver permesso a queste signorine di mettere bocca a livello istituzionale nelle faccende del paese. Ora, il contesto era inadatto e le parole sono state travisate dai giornalisti in maniera molto fantasiosa; Battiato stesso ha ricontestualizzato la frase incriminata esprimendo la sua stima per gli attuali presidenti delle camere. Ma ciò non toglie che levare l’incarico ad una persona che aveva accettato di prendersi cura dei beni culturali della propria isola senza percepire lo stipendio e che, stranamente visto l’andazzo, aveva anche le competenze per svolgere il suo lavoro, è stato un atto volto solo a salvare le apparenze di una sistema marcio fino al midollo.
Quando Mario Borghezio, attualmente europarlamentare, espresse la sua comprensione nei confronti dell’assassino norvegese che ammazzò 77 persone nell’estate 2011, l’unica reazione che si verificò fu un’insignificante sospensione di tre mesi dalla Lega Nord. Altre perle di colui che, ripeto, è tutt’ora europarlamentare: “Noi ai clandestini bastardi gli diamo mille per mille di calci in culo con la legge Bossi-Fini”; “Le prime medaglie olimpiche assegnate agli atleti del Nord dimostrano la superiorità etnica dei padani, anche in questo campo”.
Se davvero madama Apparenza Italiana è così affannata nel far bella figura a livello europeo, dovrebbe gambizzare chi veramente mina le istituzioni dall’interno, e non chi fa notare col tono indignato di una lotta decennale, che le istituzioni in questione sono da anni non più ostello del rispetto, ma bordello.

Eugenia Beccalli

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