Il 25 novembre è Sant’Eluana. Quest’anno però Eluana Englaro avrà ben poco da festeggiare. La povera ragazza, infatti, è in stato vegetativo permamente dal 1992, a causa di un brutto incidente d’auto, incapace di muoversi e di mostrare capacità di intendere.
Il 13 novembre 2008 il padre, Beppino Englaro, ha ottenuto presso la Suprema Corte d’Appello l’autorizzazione a staccarle il sondino che ogni giorno la nutre e la idrata, condannandola di fatto a morire di fame e di sete. Questo caso porta subito alla memoria la vicenda di Terri Schiavo, donna del Massachusetts in stato vegetativo a cui fu staccata la sonda che la nutriva. E’ curioso notare che in una nazione progredita come gli USA si utilizzi ancora massicciamente la pena capitale, preoccupandosi di dare ai condannati una morte “umana”, e poi si lasci morire una persona di fame e di sete, cosa raccapricciante anche solo a pensarla sugli animali. Sorvolando sul fatto che la pena di morte è stata abolita in Italia dal 1946, la “vita” è un diritto inalienabile sancito dalla Costituzione, un diritto che non può essere negato solo perché una persona si trova in uno stato di disabilità.
Il padre di Eluana giustifica la sua posizione, dichiarando: ” Qui non si tratta della consumazione di una vita, ma di fare in modo che la natura riprenda il suo corso che è stato interrotto”. Beppino Englaro, infatti, sostiene che Eluana debba essere lasciata morire, visto che non è in grado di vivere da sola. Emerge qui un grosso errore: Eluana, infatti, non è in coma (in cui si ha uno stato di non responsività totale) ma è in stato vegetativo. Ciò significa che, sebbene sia in uno stato di gravissima compromissione neurologica, Eluana presenta un regolare ritmo sonno/veglia. Chi sostiene poi che i soggetti in tale stato non presentino la consapevolezza di sé e dell’ambiente nel quale si trovino, non sa che sono rarissimi i casi in cui non sia reperibile qualche forma di comunicazione con l’esterno. Inoltre, dalle dichiarazioni rilasciate da S. Crisafulli, uscito dallo stato vegetativo, risulta che quest’ultimo non comporta uno stato di incoscienza e di insensibilità, ma il malato percepisce i rumori, le carezze e soprattutto il dolore fisico!
Staccare la sonda enterale, quindi, significa uccidere una persona solo perché non è in grado di comunicare al mondo la propria sofferenza, condannandola ad una silenziosa agonia. Una rosa od una camelia possono essere vive, ma non ci diranno mai di esserlo. Se strappiamo i petali provano sofferenza, ed è innegabile che se smettiamo di innafiare il vaso il fiore muoia. Eppure noi non consideriamo quello verso il fiore “accanimento terapeutico”; non smettiamo di versare acqua nel vaso perché il fiore è stato staccato da terra e quindi interferiamo sul corso naturale degli eventi.
Allo stesso modo, perché lasciare morire una persona che è viva in tutto e per tutto ma che ha solo bisogno di una mano? E’ lapalissiano che Eluana viva, e se avesse un’idea precisa della sua condizione non sarebbe in stato vegetativo; ma se dà segni di interazione con il mondo esterno è giusto che viva della cure di chi le vuole bene. Gli uomini sono fatti per aiutarsi l’uno con l’altro, e la Suprema Corte rischia di aumentare la solitudine di tutti i malati, tutti gli anziani, tutti i disabili, che rischiano di essere visti come un peso per la società.
Nell’assordante silenzio di tutti gli indifferenti che malaccettano il destino comune, rimbombano le parole delle suore del Beato Luigi Talamani di Lecco: ” Non si procuri la morte per fame e per sete di Eluana […] affermiamo la nostra disponibilità a servire oggi e in futuro Eluana”.
Andrea Gallo Rosso (4A)