La prima lettura dantesca organizzata dagli studenti di Studi Umanistici a Palazzo Nuovo è iniziata con un trasferimento in aula 2, perché nell’aula 35, dove si stavano già accalcando decine e decine di persone, non ci saremmo stati. “Posti a sedere 240”, recita la targhetta alle spalle del relatore: i posti a sedere sono fin dall’inizio tutti occupati, e anche le scale.
Dante è uno spettacolo: se ne sta lì, dall’alto dei secoli, a guardarci mentre lo leggiamo, lo rileggiamo, lo spieghiamo davanti agli occhi degli allievi. E martedì 15 ottobre siamo rimasti in più di 240 ad ascoltare, alcuni seduti per terra, incapaci di andar via prima della fine.
Perché leggere Dante? Il prof. Beccaria ha illustrato motivi politici, etici, linguistici, letterari. È bello starsene al tramonto a leggere Dante … al tramonto di una civiltà, nella quale sembra che gli studi umanistici non abbiano ormai spazio all’interno della modernità. È bello starsene al tramonto a leggere il Purgatorio … ogni rinascita ha bisogno di un momento di purificazione. Il prof. Beccaria ha iniziato la sua lectio con note poetiche e toni scottanti, allarmanti, stimolanti.
Anni fa ho chiesto ad Agnese: perché leggere Dante? Senza saperlo, mi aveva risposto utilizzando in modo personale la teoria leopardiana della doppia visione: ora, quando vedeva i piccioni per strada, pensava ai colombi del secondo canto del Purgatorio, che cogliendo biado o loglio […] / sanza mostrar l’usato orgoglio, / se cosa appare ond’elli abbian paura, / subitamente lasciano star l’esca, / perch’assaliti son da maggior cura.
“Per correr miglior acque”, si intitola il ciclo di letture mensili del Purgatorio: un fine, un monito, un invito, un augurio, una speranza. Ahi dal dolor comincia e nasce / l’italo canto, scriveva Leopardi nella canzone Ad Angelo Mai. “Per correr miglior acque” possa essere, allora, davvero per noi la stella polare che indica il cammino verso una vita nuova.
Linda Soglia