Tabù del XXI secolo

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Quando l’intervista obbliga (purtroppo) l’anonimato

 

* Drin, drin, driiin *

 

Simona: ehilà buonasera!

Anonimo: ‘sera.

S: non è che hai un po’ di tempo da dedicarmi?

A: per cosa?

S: un’intervista piccina picciò!

A: Eeeeeh?

S: sei il soggetto adatto. Sono sicura che verrà fuori una cosa interessante.

A: ma un’intervista su cosa scusa?

S: ti dico solo che devo parlare con il tuo lato gay.

A: Ahahahaha… stai scherzando vero?

S: Certo che no. Poi che ti costa lascia parlare lui no?

A: divertente… non se ne parla.

S: daaaaaaaaaaai! non faccio mica il tuo nome.

A: mhpf…

S: è un si?

A: mmm…

S: qualcosa che non sia un ammasso di consonanti?

A: ok, ok! Attacca….

S: Grazie grazie! Allora prima di tutto: quando hai realizzato di essere omosessuale? C’è un episodio in particolare?

A: Si, c’è un episodio particolare… più o meno Giugno di due anni fa mi trovavo in montagna con dei miei amici degli scout, Chiara e Paolo detto Puffo… eravamo in tenda tutti insieme e ho realizzato di provare qualcosa per questo mio amico, qualcosa più dell’amicizia ovviamente. Mi sentivo confuso ed all’inizio non volevo crederci ma con il tempo ho capito che era davvero qualcosa di forte, che non potevo controllare. E passo dopo passo verso l’autoconvinzione ho orientato la mia mente verso il terreno dell’omosessualità.

S: question number two… hai tentato di nasconderlo e se sì perchè?

A: Non potevo non nasconderlo! All’inizio durante il periodo in cui non riuscivo nemmeno ad accettarlo ero restio proprio a livello mentale di accettare qualcosa di questa portata. In secondo luogo avevo paura della reazione degli altri, e per altri intendo i miei genitori e i compagni di classe.

I miei genitori hanno una mentalità circoscritta entro limiti ben precisi, molto all’antica, quindi sapevo che non avrebbero mai accettato qualcosa del genere. Ovviamente dato che non facevo uscire questa mia paura nemmeno dalle pareti della mia mente non riuscivo a concepire che diventasse di dominio pubblico. Avevo paura della reazione della gente, degli insulti, del clima di gelo che si sarebbe venuto a creare nei miei confronti.

S: Ma alla fine i tuoi genitori l’hanno scoperto comunque no? La loro reazione qual’è stata?

A: La peggiore che si potesse immaginare. In realtà è peggiorata per gradi perchè all’inizio dopo l’incredulità, lo stupore, il rifiuto dell’idea di avere un figlio gay si è instaurato un clima di indifferenza nei miei confronti, quasi a significare la sparizione di un figlio. Questo concetto si è acuito in seguito trasformandosi nel totale “ disconoscimento di un figlio gay”. Sono partiti gli insulti, e le botte soprattutto. Arrivavo a scuola con i segni delle cinghiate che mi dava mio padre sulla schiena. Alla fine non ce l’ho fatta a sopportare quel clima e li ho denunciati.

S: E questa fase di ribellione è servita a qualcosa?

A: Non proprio… Mi rendo conto ora che ha solo peggiorato le cose. E’ vero che i miei genitori sono stati seguiti da un’assistente sociale, ma questo non ha fatto altro che aumentare la loro dose di sarcasmo nei miei confronti. Hanno iniziato a fare battutine, farmi i versi dietro e gli insulti sono diventati più pesanti. Certo il tempo del sangue sulla schiena è finito però preferisco di gran lunga il clima di indifferenza a quello dell’umiliazione.

S: Ma ora come hai deciso di comportarti?

A: Nonostante tutto quello che mi hanno fatto, nonostante non si siano comportati da genitori io voglio loro molto bene e non posso fare altro che renderli felici. Cerco di mitigare un po’ la mia nuova natura quando sono con loro, cerco di essere come prima, di ignorare il cambiamento che è avvenuto in me. Ovviamente questo non significa che io debba rinunciare alla mia vita. Sono arrivato al punto di convincere una mia amica ad essere la mia “ ragazza fittizia “ solo per fargli credere che quel periodo della mia vita è ormai concluso.

S: Visto che non hai trovato terreno fertile nella tua famiglia, eri solo nella tua lotta per l’affermazione o comunque potevi contare sull’appoggio di qualcuno?

A: Gli amici che hanno veramente capito la mia situazione, l’hanno accetta senza farsela pesare sulle spalle partecipando in egual misura alla mia felicità sono molto pochi, si possono veramente contare sulle dita di una mano. La maggior parte alla fine l’hanno accettato per effetto, per abitudine, non per una reale intenzione di darti una mano. L’unica cosa di cui posso ritenermi fortunato è di non aver subito atti di violenza o di bullismo vari, a parte quelli ben più gravi verificatisi con i miei genitori.

S: La tua esperienza non è il ritratto del dialogo e della comprensione dunque… conosci qualcuno che ha vissuto un’esperienza simile?

A: Puoi provare a chiedere al mio attuale ragazzo. E’ l’unica persona che mi viene in mente…

 

S: Guepierre?

G: Si?

S: Hai voglia di raccontarmi due cosette per quell’intervista sull’omosessualità di cui ti parlavo?

G: ma si… raccontiamo! Niente domande spinte però.

S: Tranquillo la tua vita sessuale resta fuori. Solo una racconto a grandi linee sulla tua esperienza e su come l’hanno presa le persone che conosci.

G: Ok. Sarà una cosa lunga ti avverto. Ready, let’s go! Allora premetto che di solito è una cosa che si sente dentro. Tutto è iniziato guardando un film una normalissima sera. Ho visto quest’attore che mi piaceva un sacco e durante la notte, quasi sentendomi in colpa, ho riguardato il film bloccando piu di una volta le scene in cui c’era lui in primo piano. Da quel momento mi sono legato in modo più stretto a dei miei amici pur sapendo che era una cosa impossibile;credevo di provare solo un gran bene verso di loro, poi quando ho capito che era una vera e propria attrazione verso persone del mio stesso sesso ho attraversato un periodo di grande depressione, di quelle pesanti. Ho pensato a varie soluzioni drastiche: al suicidio, sono stato autolesionista ed il tutto mi ha portato a diventare completamente apatico. Tenevo il mio segreto per me, non ne parlavo con nessuno, mi chiudevo in me stesso e piangevo o gridavo. Ero insicuro, non mi sentivo bene con me stesso e quest’ultima novità era un motivo in più per abbassare ulteriormente la mia già poca autostima, ma con il tempo ho trovato il coraggio di rialzarmi e di rivelare il mio segreto alla mia migliore amica. Lei non l’ha presa male, anzi mi è sempre stata vicina, ha sempre tenuto la bocca chiusa rispettando il mio desiderio di non sbandierare questa cosa in giro. Ho inoltre avuto la fortuna di avere una madre che ha capito la situazione, l’ha accettata e cerca di proteggermi esattamente come un figlio “normale” contro qualsiasi male ci possa essere, eterosessuale o omosessuale che sia. Quando è arrivata la prima storia è stato strano

ma anche solo il primo bacio non è stato tragico,anzi: mi sono sentito cosi carico, cosi libero che non me ne fregava più niente. All’inizio c’era un po’ di preoccupazione, ma imparando ad accettare la cosa prima per te stesso e poi per gli altri è cresciuta l’autostima,la fiducia negli altri; senza essere irresponsabili ho imparato a convivere anche coi miei sentimenti e con i miei segreti ed adesso, dopo un paio d’anni all’interno di una realtà omosessuale ho imparato a gestire la mia vita, a riconoscere le persone sbagliate, a capire che in alcuni meccanismi si tratta solo di aver coraggio e aver fiducia in se stessi e poter far affidamento su delle persone che ti vogliono bene.

E’ sufficiente?

 

a cura si Nastassia Aldanese e Simona Tamburri (4C)

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