Uniformati?

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Per chi, come me, ha assiduamente seguito le prime puntate del serial “Gossip girl”, in cui le uniformi erano costituite da una gonna quanto mai corta d’un bel verde o blu (non l’ho mai capito), una sexy camicetta bianca e la cravattina, mi vedo costretta a distruggere tale speranza.
La Marywood Palm Valley non solo non condivide la libertina uniforme scolastica della Constance di New York, ma propone in più una serie di severe regole da rispettare.
Il trucco è vietato, fatta eccezione per mascara e cipria. I gioielli vistosi non possono essere indossati all’interno dell’ambiente scolastico, come anche stivali che superino la caviglia; le tinte per capelli rigorosamente di colori esistenti in natura, la gonna deve arrivare fino a 3 cm esatti sopra il ginocchio.
Non mi aspettavo i controlli rigorosi e, da buona italiana, ho reagito con istinto e passione, rispondendo al preside che s’aggirava col righello per il cortile, cercando di misurare gli indumenti delle poche ribelli che hanno provato a lanciare la moda delle minigonne: il risultato è stato l’obbligo ad indossare solo la tuta da ginnastica per tutti e due i giorni consecutivi. Credetemi sulla parola, nessuno di voi lo desidererebbe.
È difficile accettare e condividere tali regole, ma farò lo sforzo di comprenderle ed elencare una serie di motivi per cui potrebbero non essere del tutto errate. Nel corso dei miei 11 anni di scuola ho potuto osservare diversi tipi d’abbigliamento: a Torino siamo dotati di tamarri, cabinotti, fighetti e quant’altro. Io stessa, crescendo, mi sono vestita dei colori più improbabili, cercando di coprire il mio corpo con meno tessuto possibile ogni anno.
Le ragazze cercano la sensualità, l’unicità spesso aggrappandosi a determinati modelli, preimposti dalla società. I maschi invece preferiscono la comodità, senza del tutto rinunciare allo stile. Pian piano, attraversando fasi diverse, scoprono il gusto, l’eleganza ed un abbigliamento che rispecchi la loro personalità. Mi trovo a riflettere se ciò sia possibile essendo costretti dall’età di cinque anni fino ai diciassette ad indossare una divisa. Ovviamente, durante i week end e una volta varcato il portone del sacro ambiente, tutti i capi sono permessi, accettati e magari solo mal visti ma, come tutti gli studenti ben sanno, dopo un certo periodo di tempo, la scuola diventa una seconda casa in cui ritengo necessaria la libertà d’espressione.
“Si potrebbero pur sempre apportare delle modifiche all’uniforme”, suggerirebbe sicuramente qualcuno … no, è vietato. Pena, trascorrere il sabato mattina dalle ore sette alle dodici a pulire le aule insieme agli addetti messicani.
Io stessa ho subito, in Italia, una serie di rimproveri per pantaloncini eccessivamente corti, canottiere troppo scollate ed allora ho adottato la sempre valida scusa del “Ma prof, fa così caldo!”. Con profonda tristezza vi confesso che in California, nella Palm Valley la cui temperatura attuale è di 43 gradi, tale giustificazione non è ben accolta da nessuno. Come fare allora per mantenere un minimo di libertà ed esprimere anche attraverso l’aspetto la pasta di cui siamo fatti, la nostra bellezza nascosta dalla sformata polo blu, bianca, rossa o nera? Parlandone col preside, quasi fosse un’intervista, siamo giunti alla conclusione che l’unico modo per brillare, essere un gradino al di sopra di tutti gli altri manichini indistinti che vagano per la Marywood, è impegnarsi per sviluppare un carattere talmente forte, sicuro e aperto da riuscire a spiccare.
Non è un’impresa facile e vorrei poter essere sicura nell’affermare che un bel sorriso ha più valore d’un paio di jeans attillati e ben tagliati, ma rimango pur sempre un’adolescente cresciuta godendo della più assoluta libertà. Tuttavia sono innegabili i risvolti positivi di tale decisione: i ragazzi non vengono discriminati per ricchezza o povertà in quanto, essendo questa una zona decisamente benestante, alcuni potrebbero permettersi costosi capi di sartoria mentre altri, magari iscritti grazie ad una borsa di studio, non sarebbero in grado di fare altrettanto e forse si sentirebbero inferiori. Per di più, non si osservano scenari in cui alcune ragazze truccate e vestite da modelle squadrano con occhio critico la classica timida occhialuta … Ma non è forse anche tutto questo a permetterci di crescere più forti, maturi, sicuri di noi?
Criticare senza conoscere è sbagliato. Mi permetto quindi ora di spezzare una lancia in favore dell’Umberto che, prima di questa partenza, sembrava fin troppo conservatore e noioso, nell’impedirci di fumare in piccionaia, d’uscire se non accompagnati da un educatore solo per godersi una sigaretta dopo pranzo. Ogni scuola ha la sua dose di severità da donare agli studenti perché questi diventino uomini e donne rispettosi delle leggi e chi mai potrebbe criticare tutto ciò? Possiamo ancora agire in segreto, per un po’ e, silenziosamente, ribellarci …

Eleonora Rossi (4B) – Corrispondente dagli Stati Uniti

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