Dalla tragedia alla filosofia

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Ciao a tutti, lettori dell’Umbertimes, sono Eleonora Camerone, una exchange student. Attualmente mi trovo in Alaska, ad Anchorage per l’esattezza. Sia detto per inciso, Anchorage non è il posto sperduto popolato da orsi e trichechi, come magari si potrebbe pensare; anzi, i motivi di interesse proposti dalla località sono davvero molti. Infatti in questo articolo avrei voluto raccontarvi della mia esperienza e delle mie impressioni su questa interessante parte del mondo ma un’assemblea, a cui ho partecipato a scuola. Martedì 28 settembre, ha completamente catturato la mia attenzione ed anche generato qualche lacrima: perciò ho deciso di rendevi partecipi dando così la precedenza all’argomento trattato durante la riunione scolastica.

Non sono così sicura che in Italia siano in tanti a ricordarsi della tragedia avvenuta il 20 aprile 1999, in Colorado, in una piccola cittadina vicino a Denver, all’interno del liceo “The Columbine High School”.

Due studenti dell’ultimo anno, Eric Harris e Dylan Klebold hanno ucciso a colpi di pistola ben dodici alunni, una professoressa ed infine si sono suicidati. Un evento inquietante che tuttavia ha dei precedenti. Infatti episodi di sangue di tal genere si erano già verificati in altri istituti: il “Bath School disaster” nel 1927; il “Virginia Tech massacre” nel 2007 e “University of Texas massacre” nel 1966. Nondimeno il massacro avvenuto in Colorado è stato uno dei più tragici e ha avuto il maggior numero vittime di tutta la storia degli Stati Uniti.

Il piano originario dei due assassini era di far esplodere una bomba posizionata nel bar della scuola all’ora di pranzo, in modo da causare il maggior numero di vittime possibile. L’esplosione sarebbe dovuta avvenire esattamente alle 11.17, ora in cui Harris e Dylan si erano appostati nel parcheggio della scuola per “apprezzare” gli effetti della loro strage. Passata l’ora prevista per l’esplosione senza che nulla fosse accaduto, era chiaro che si erano verificati dei malfunzionamenti all’interno del meccanismo della bomba rimasta inesplosa. Decisero così di mettere in atto il piano numero due, ovvero quello che prevedeva di entrare nella scuola ed iniziare a sparare all’impazzata.

La prima vittima fu Rachel Joy Scott; ed è proprio di lei che voglio raccontarvi in questo articolo. Questo non perchè si meriti maggiore attenzione rispetto alle altre vittime, bensì semplicemente perchè ci ha lasciato, nelle pagine del suo diario, alcuni spunti sui quali, a mio avviso, è giusto riflettere.

Pochi giorni dopo la sua morte, il 20 aprile, i genitori di Rachel hanno trovato nella sua stanza il diario nel quale vengono trattati, in particolare, cinque diverse tematiche. Sono proprio i contenuti di queste riflessioni intime che sono ad essere stati oggetto della riunione cui ho partecipato a scuola.

La prima riflessione riguarda l’approccio alla felicità. Per essere più felici e per migliorare il mondo, scrive Rachel, è necessario eliminare ogni forma di pregiudizio tra gli uomini, cercando di vedere la parte positiva delle persone e non solo quella negativa. Se state pensando che questo concetto sia una banalità, di cui non vi è alcun bisogno, ho difficoltà a credervi, poichè alla maggior parte delle persone è capitato, almeno una volta nella vita, di conoscere una persona e provare nei suoi confronti un’istintiva antipatia: dunque questo concetto, nonostante molti l’abbiano già detto e scritto, non è affatto banale. A mio parere, in pochi si impegnano effettivamente nella vita di tutti i giorni nel respingere ogni forma di pregiudizio, cercando invece di valorizzare le qualità di cui ogni persona è dotata, oltre il giudizio approssimativo del simpatico o antipatico.

Il secondo consiglio che Rachel annota nel suo diario è quello di porsi degli obiettivi ed essere sicuri e determinati nel perseguirli. Solo l’impegno ci consente di affrontare l’esperienza della vita con la giusta responsabilità, contanto sulle nostre capacità e sull’approccio costruttivo nei confronti delle inevitabili difficoltà.

Il terzo motivo di riflessione afferma di decidere da cosa vogliamo essere influenzati, ovvero saper selezionare film, musica, videogiochi, libri ecc., consapevoli che il contenuto di tutto ciò involontariamente venga  registrato nel nostro cervello e, a lungo andare, vada ad influenzare la nostra personalità. A riguardo basti pensare che i due giovani assassini, durante la loro sanguinosa incursione, erano vestiti in modo molto simile ai protagonisti di uno dei loro videogiochi preferiti. In questo videogioco lo scopo dell’azione è proprio quello di uccidere il maggior numero di persone nel minor tempo possibile! E’ necessario invece essere consapevoli che il nostro obiettivo è quello di assimilare immagini, concetti ed esperienze basate su valori positivi.

 

Il quarto consiglio è quello di compiere ogni giorno piccoli atti di gentilezza poiché, per quanto a chi li compia possano sembrare di poco conto, in realtà, per chi li riceve possono essere motivo di felicità. In merito Rachel scrive: “We don’t know how much far a little kindness can go”. Dopo la morte di Rachel alcuni studenti hanno voluto testimoniare la sua bontà, dimostrando che, con piccoli atti di gentilezza, Rachel ha migliorato la loro vita. Per esempio un ragazzino down ha raccontato che prima di conoscer Rachel si sentiva invisibile e privo d’importanza e stava pensando di togliersi la vita. Un giorno a scuola due studenti lo stavano prendendo in giro e Rachel, vedendo quest’ingiustizia, corse in suo aiuto. In questo modo il giovane capì di non essere completamente invisibile: qualcuno che lo sapeva vedere c’era! Da quel giorno, ogni volta che Rachel lo incontrava lo salutava, gli sorrideva e gli dava qualche pacca sulla spalla in segno d’incoraggiamento. Proprio in questo modo, senza saperlo, Rachel ha probabimente salvato la vita di questo ragazzo.

Il quinto ed ultimo consiglio, probabilmente anche il più famoso, è quello di voler creare una catena di buone azioni: “chain reaction”. Secondo la sua filosofia se qualcuno riceve una buona azione di conseguenza ne compierà una analoga e così via. Rachel ha scritto molte pagine in cui approfondisce questi concetti e proprio su quest’ultima riflessione, sono stati fatti molti studi e scritti libri che si basano sulla “filosofia di Rachel”, che  ovviamente è stata sviluppata ed arricchita da nuove correnti di pensiero. A conclusione si consideri che uno dei pilastri di questa nuova filosofia, aggiunto in seguito alla morte della ragazza, è la credenza che nulla accada per caso, e che a contrario, a tutto vi sia una spiegazione. Accade infatti, nelle vicende della vita, che da cose negative possa nascere qualcosa di positivo. In questa propspettiva la stessa tragedia avvenuta in Colorado, pur nella sua incancellabile assurdità e gravità, ha fatto si che si scoprisse questa nuova filosofia e se ne parlasse, favorendo con ciò la diffusione dei suoi principi nelle relazioni sociali e nelle pratiche di vita di molte persone che in essi si sono riconosciuti trandone un importante insegnamento.

 

Eleonora Camerone (4B)

 

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