La teoria dei giochi svanita nel ricordo

Tempo di lettura: 2 min

 

Nel 1949 John Nash otteneva importanti risultati nello studio della matematica applicata alla “teoria dei giochi”, sviluppando delle considerazioni secondo le quali perché ogni individuo ottenga il massimo profitto, non può fare riferimento unicamente a cosa è meglio per sé, deve anche considerare cosa è meglio per gli altri, perché «il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo farà ciò che è meglio per sé e per il gruppo, secondo la teoria delle dinamiche dominanti». I suoi studi sui “giochi non cooperativi” valsero a Nash il premio Nobel per l’economia nel 1994, ma la sua teoria, seppur non si limiti a calcoli astratti e anzi sia nata per essere applicata alla vita reale, la maggior parte delle volte è molto lontana dal nostro modo di agire. Nella vita frenetica dell’uomo moderno non c’è tempo per fermarsi a osservare il resto del mondo. Lo scopo è raggiungere il miglior risultato nel minor tempo possibile, battere gli altri in velocità e in qualità. Ricoprire una carica politica non è più fare la propria parte nel governo del Paese, ma ottenere un’alta posizione di potere. Bisogna vincere ad ogni costo se non si vuole rimanere indietro. La legge predominante è quella del “c’è chi può e chi non può”, in alcuni casi estremamente lucrativa per la singola persona, ma di un’incommensurabile forza distruttiva per la società. L’idea delle “dinamiche dominanti” viene dimenticata, accantonata, resa inefficace, a favore del predominio del singolo.

La nostra società appare perciò, secondo il modello quadripartita proposto da C. M. Cipolla nelle sue “leggi fondamentali della stupidità umana”, come poco popolata da persone “intelligenti”, che agendo portano vantaggio a se stessi quanto agli altri e per questo aiutano la comunità a raggiungere uno stato di benessere. Al contrario ad abbondare sarebbero i “banditi” – chi può –, che cercando il loro bene portano danno al prossimo, e gli “sprovveduti” – chi non può –,  che ingenuamente agevolano gli altri ma non se stessi. A trascinare definitivamente verso il basso la società, arrecando danni sia a se stessi che agli altri, sarebbe infine la costante presenza di persone “stupide”, ritrovabili in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento e proprio per questo estremamente pericolose. 

Questa visione stereotipata del mondo, pur non essendo altro che una buffa caricatura, un’esagerazione, ne rispecchia i caratteri essenziali. Il concetto di “bene comune” tanto caro a molte civiltà antiche, sembra ormai svanito nella memoria e nel tempo, quasi irraggiungibile fra le nebbie del ricordo, per lasciare spazio a un egoismo sempre più forte e molto spesso privo di scrupoli. Nonostante la formulazione di una teoria come quella delle “dinamiche dominanti” abbia rivoluzionato il pensiero economico mondiale, quello individuale sembra così restare solo l’ombra di una civiltà riducibile ad una spaccata e arretrata società quadripartita.

Federica Baradello (3F)

17050cookie-checkLa teoria dei giochi svanita nel ricordo