Una riflessione sull’emigrazione

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L’emigrazione è quel fenomeno per cui molte persone lasciano il proprio Paese alla ricerca di lavoro e migliori condizioni di vita.

 

Questo fenomeno è sempre esistito e continua a essere presente tutt’oggi. Il ‘900 è stato però il secolo in cui si è verificato un vero e proprio esodo, grazie anche allo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto, come il treno e le navi a vapore.

 

Dopo l’unificazione e nei primi anni del ‘900, in Italia si verificò una grave crisi economica con un grande impoverimento della popolazione; furono particolarmente colpiti gli abitanti del Sud Italia e quelli delle campagne del Nord Italia che vivevano grazie all’agricoltura. Milioni di italiani decisero quindi di emigrare verso altri Paesi, anche molto lontani.

 

La loro meta principale fu il continente americano, in particolare le città della costa atlantica degli Stati Uniti, il Canada e l’Argentina.

 

Spesso partivano soltanto gli uomini lasciando le famiglie al paese d’origine. Essi provvedevano a mandare regolarmente i soldi a casa e a scrivere lettere per dare notizie. Queste lettere venivano inviate con le navi a vapore e arrivavano a destinazione dopo molte settimane.

 

A causa della distanza e del costo elevato del viaggio, questi uomini potevano rivedere le loro famiglie soltanto dopo alcuni anni, trovando i figli cresciuti e cambiati. Quando la situazione lavorativa del capofamiglia era ormai assestata, gli altri membri lo raggiungevano alimentando le comunità italiane.

 

Nei Paesi dove ci fu una grande immigrazione italiana, si formarono delle forti comunità che mantennero vive la cultura e le tradizioni di origine; furono, in particolare, le donne a tramandare gli usi e i costumi di generazione in generazione.

 

Queste comunità sono ancora molto attive oggi e continuano a mantenere rapporti con l’Italia.

 

Come accade ancora oggi alle persone che decidono di emigrare, anche gli immigrati italiani del secolo scorso incontrarono molte difficoltà a integrarsi con la popolazione locale. Furono spesso discriminati, subirono atti di intolleranza e razzismo.

 

Credo che la storia dovrebbe farci riflettere e insegnarci a essere più tolleranti nei confronti di coloro che hanno cultura e lingua diverse dalla nostra e che adesso cercano una vita migliore nel nostro Paese.

 

Anche i miei antenati sono stati degli emigranti. Un mio bisnonno paterno lasciò la moglie e i figli in Calabria e  si trasferì in un paesino vicino Cordova in Argentina, dove lavorò alla costruzione della rete ferroviaria. L’altro bisnonno nacque negli Stati Uniti nei primi anni del 1900 e ritornò in Italia quando era ancora un ragazzino. Altri cugini si trasferirono a Toronto, in Canada, dove aprirono un negozio di abiti italiani. I miei nonni invece si trasferirono negli anni ‘60 dal Sud al Nord Italia.

 

Ho ancora oggi molti parenti nel continente americano; i più anziani sentono sempre nostalgia dell’Italia mentre i più giovani non parlano l’italiano, ma conoscono soltanto qualche parola in dialetto e apprezzano la cucina italiana. 

 

Dai racconti dei miei nonni e da quello che io vedo mi sembra di capire che le storie degli emigranti si somigliano sempre, anche se sono diversi i luoghi e i tempi.

 

Beatrice Ferrò (1C)

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