Pubblicità – Taglia small

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A partire dal “Boom economico” nel nostro paese il capitalismo è arrivato con dirompente attivismo, stravolgendo costumi e usanze, cambiando valori e rivoluzionando le vite degli Italiani fino a renderle una “seconda edizione” di quelle dei cittadini americani, in quanto nel nostro piccolo angolo d’Europa le novità arrivano con un po’ di ritardo. Nonostante sia con noi da soli quarant’anni questo sistema economico è già da molto tempo il perno della nostra economia e del nostro stile di vita occidentale in generale. Come ci viene quotidianamente dimostrato dalla TV, che a tempo pieno ci rende edotti su tutte le nuove trovate appena messe sul mercato, e dai giornali, nei quali circa il 40% dello spazio è occupato dalla pubblicità, è un sistema basato sulla concorrenza: per un’industria è necessario quindi battere gli avversari su tutti i fronti, offrendo al cliente un prezzo basso e un’ottima qualità. Per far conoscere alla plebe consumatrice le merci e i loro prezzi, nonché gli infiniti motivi per cui un prodotto in particolare sia da considerarsi il migliore, è stata inventata la pubblicità. Spot in cui una famiglia sorridente spalma del formaggio in vaschetta su una fetta di pane durante un picnic, foto di attraenti modelle sdraiate su automobili di lusso, eleganti rappresentanti che offrono cioccolatini ai passanti: la pubblicità ha molti volti, che in un modo o in un altro raggiungono con i loro messaggi tutta la popolazione. Quando a recepire il messaggio imbonitore è un adulto, il meccanismo di perverso convincimento della pubblicità consegue sì il suo scopo, ma la persona in questione dovrebbe avere in teoria sufficienti capacità di discernimento per difendersi o almeno rendersi conto di essere vittima di un mirato mitragliamento. Un bambino però non possiede l’esperienza per opporsi a questo tipo di raggiro, viene colpito dai particolari cui non a caso i grafici prestano tanta attenzione: colori, facce di personaggi dei cartoni animati, simboletti divertenti. I bambini sono spesso sottoposti alla pubblicità, poiché viene ad interrompere il loro cartone preferito, e molti genitori e insegnanti lo ritengono più che sufficiente, dato che anche le sigle sono composte in modo da essere facilmente memorizzabili e canticchiabili. E’ giusto allora che vengano tartassati anche davanti alla scuola da proposte di merendine e gadget in cui i loro occhi non vedono nulla di male, ma in cui la loro testa identifica qualcosa da chiedere ai genitori? E’ etico da parte nostra trasformare, lasciar trasformare in una mandria di mini-consumatori da far pascolare in TV quegli stessi bambini di cui difendiamo a spada tratta il diritto ad un’infanzia serena?

Chiara Murgia (1C)

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