Avete presente quei tipici film natalizi americani, come Il Grinch, Elf, Miracolo nella 34ª strada o Mamma, ho perso l’aereo? Quei film che ogni anno spuntano in tivù come margherite, lanciandoti un’occhiata torva della serie il-Natale-è-alle-porte-vai-a-comprare-i-regali-immediatamente? Li avete presente? Ecco.
È inutile ricordare che negli Stati Uniti è tutto come nei film (nient’altro che pellicole che raccontano della propria cultura), ma è bene specificare che le case decorate a giorno, cariche di luci, lucine e lucette meglio di un diamante Swarovsky, esistono veramente. È uno spettacolo indescrivibile passeggiare tra le strade del proprio vicinato al crepuscolo, tutti imbacuccati nel cappotto per difendersi dai due gradi di temperatura esterna e vedere case illuminate ovunque si posino gli occhi. E con “case illuminate” non si intende appartamenti di città con un albero finto sul davanzale, qualche lucina sulla finestra e un Babbo Natale penzolante dal balcone. No. Con “case illuminate” si intende villette a due o tre piani con torrette e abbaini sberluccicanti, elfi e pupazzi di neve gonfiabili nel giardino, presepi a dimensione naturale, immense ghirlande che ti accolgono sulla porta, veri pini alti due metri ricoperti di addobbi e una stella sulla punta, statuette di Babbo Natale che ondeggiano il sedere a ritmo di Jingle Bell Rock.
Gli Americani non sapranno cucinare, ma per quanto riguarda decorazioni e festività sanno decisamente fare le cose in grande. Non per niente, dopo Halloween e Thanksgiving, il Natale è sicuramente la ricorrenza più attesa dell’anno. Fin dal giorno successivo al Ringraziamento, infatti, il canale televisivo ABC Family (analogo al canale Mediaset “Italia 1”) pubblicizza i “25 or so Days of Christmas”, consistenti in una serie di venticinque film natalizi per ogni giorno precedente al Natale. Il titolo ricorda una delle canzoni natalizie americane più famose in assoluto, chiamata 12 or So Days of Christmas.
Così, prima del 30 novembre, le case cominciano ad essere addobbate e una febbre da shopping natalizio si abbatte come un’epidemia su tutta la popolazione. La tivù frigge a causa di pubblicità di saldi e occasioni imperdibili; alla radio si ascoltano esclusivamente canzoni che parlano di neve inesistente, vischio e miracoli stagionali; i centri commerciali diventano invivibili.
Ma se c’è una cosa che gli Americani proprio non sanno fare, è preparare un pranzo natalizio come si deve.
C’è da dire che, in qualità di nativi italiani, è difficile essere accontentati. Il Bel Paese è sede della gastronomia più rinomata nel mondo per un motivo. Se poi si è abituati ad un pranzo composto da dieci antipasti, tre primi, due secondi, formaggi, frutta e dolce, di durata indefinita, si resta decisamente delusi da cosa l’America porta in tavola.
Senza nulla togliere ai pancake con sciroppo d’acero o al bacon&eggs, ciò che presentano gli Statunitensi (ovvero niente di speciale) non regge il confronto con lo sforzo che le nostre mamme e le nostre nonne mettono nel cucinare per essere sicure che nessuno si alzi affamato dal pranzo di Natale.
Di conseguenza, vi do un consiglio: se per caso vi capitasse di trovarvi negli Stati Uniti il giorno di Natale e fare pranzo in casa di qualcuno, non raccontatelo a vostra nonna o a vostra madre. Specialmente se le rispettabili signore sono profondamente innamorate di tutto ciò che è cucinato esclusivamente da loro. E con “tutto” mi riferisco in particolare alla quantità di cibo presente in tavola. Semplicemente non fatelo, per il loro bene.
Matilde Revelli 4B
corrispondente dagli Stati Uniti