Ottobre 1940

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ottobre-1940“Cara Sveva,

sembra che abbia lasciato Parigi da poco ma in realtà non è così.

Ormai sono arrivata a Berlino da un anno ma non credo che la nostalgia mi abbia lasciato.

Quando passeggio per le strade di questa metropoli vedo le più piccole cose della mia città natale che mi mancano come il sole manca alla notte. Il lavoro che ho trovato qui mi permette di vivere in maniera agiata ma non è la stessa cosa lavorare come segretaria di una fabbrica d’armi piuttosto che immergere le mani nella farina ogni mattina nella mia cara panetteria parigina.

Sono giorni ormai che la preoccupazione si è impadronita degli animi degli altri impiegati dell’industria a cui dedico otto ore del mio tempo, delle mie energie. Tutti temono le bombe … ma io no.

Ho lasciato la mia anima e le mie paure quando ho attraversato la Baviera in quella notte di Agosto, sento ancora gli spari e gli scoppi che mi hanno rubato il calore della pelle di Lorenz, mio marito, e hanno spento il pianto insistente di Corinne, mia figlia.

Da quel giorno mi è rimasto solo un corpo vuoto, senz’anima. Dopo la tristezza è sopraggiunta la rabbia, il calore delle lacrime che scorrevano sul viso, la promessa che un giorno i responsabili avrebbero pagato e oggi invece lavoro per loro, per finanziare la guerra che hanno intrapreso contro il mio paese, per estirpare la mie radici…

Questa, cara zia, sarà l’ultima lettera che riceverai da me… tra non molto raggiungerò  chi è stato strappato dalla mia vita con tanta violenza ingiustificata.

Ricordati di me, prega per la mia anima e perdona il mio folle gesto, è folle, lo so, ma non mi è più possibile sopravvivere con questo dolore.

Un dolce bacio d’addio, cara seconda madre,

Giuditte”

 

Ecco, la lettera è sotto la porta di Kora, mi ha promesso che la spedirà lei domattina.

Prendo la mistura che ho preparato, non so esattamente cosa ci ho messo dentro ma sono certa del suo effetto.

Mi sdraio sul letto e trangugio tutto il contenuto del barattolo di vetro velocemente, per non sentirne il sapore.

Passano le ore e non sento nulla che cambia, ad eccezione di un leggero torpore. Non faccio in tempo ad alzarmi per bere un bicchiere d’acqua che sento una fitta lancinante al petto, non riesco a respirare, chiudo gli occhi.

Sento le ninna nanne della mia infanzia e vedo i volti di Lorenz e Corinne.

Silenzio …

Nulla …

Volo via.

Beatrice Cagliero (1B)

224810cookie-checkOttobre 1940