Isabella

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capelli-rossiCorreva sotto le stelle in un campo sterminato, ad occhi chiusi, in una tranquilla serata estiva mentre il gri gri dei grilli le riempiva le orecchie e la dolce brezza estiva le scompigliava i capelli rossi, rossi come il sangue. Aveva 10 anni, Isabella (che tutti chiamavano Isa) ed era conosciuta per i suoi capelli rosso fuoco e i suoi vivaci occhi verdi. Correva Isabella, era agile, snella. Correva e non sembrava volersi mai fermare. Libera.

Mi sono sempre chiesta quale fosse il significato esatto di ‘apatia’. O meglio, cosa volesse davvero significare se provato sulla propria pelle. Mi sembrava una realtà così terribilmente lontana da ciò che era il mio modo di essere. Non riuscivo proprio a comprendere cosa volesse dire “essere privi di emozioni”. Ma non si può mai sapere cosa può riservarti la vita.

“Tu lo sai che cos’è la felicità?” La domanda di Matteo giunse improvvisa e ruppe il silenzio interrotto solo dallo scrosciare continuo delle onde del mare che, periodicamente, si infrangevano sulla bagnasciuga. “Beh.. credo..” mi aveva colta alla sprovvista. Non pensavo che un concetto apparentemente così semplice come ‘felicità’ potesse rivelarsi così difficile da esprimere. Matteo colse il mio disagio, sorrise e mi indicò un punto imprecisato davanti a me. “La felicità per me è il mare. La felicità è un maglione caldo. La felicità è una cioccolata, un bel libro, un abbraccio inaspettato. La felicità è una giornata di pioggia, la felicità è un cielo azzurro, un tramonto, l’alba. La felicità è in tutte le cose che ti piacciono, e in tutte le persone che ami.” La sua risposta mi lasciò un attimo interdetta. Non faceva una piega, certo, ma c’era una cosa che mi sfuggiva: se la felicità è in cose così semplici perché è così dannatamente difficile da trovare? E glielo chiesi. Non mi rispose mai. Si limitò a fissare il mare davanti a sé, in silenzio.

Sono sempre stata una persona tremendamente emotiva. Un’emozione io, non riesco a viverla a metà. È qualcosa di più forte di me. Se devo arrabbiarmi devo farlo bene, se devo essere felice devo esserlo bene, se devo essere triste devo deprimermi ben bene, e così via. Le vie di mezzo, insomma, non fanno per me. Anzi, devo dire che mi innervosiscono. Così come le persone che non vivono mai nulla pienamente. Che si accontentano. Che stanno sempre a metà. Sono così terribilmente fastidiose. Come fai a emozionarti davvero se non provi quell’emozione all’estremo? O se la vivi solo in parte? Non l’ho mai capito. E mi sono sempre ritrovata a scontrarmi con gli altri per questo mio essere troppo impulsiva a volte. Ma non mi è mai importato più di tanto. Sono dell’idea che non bisogna cambiare il proprio modo di essere per gli altri. Ma è successo.

Distesa sul letto fisso il soffitto. A parte il movimento delle ciglia nessun’altra parte del mio corpo si muove. Non ho forza né voglia di fare nulla. Persino la sola azione di alzarmi mi sembra faticosa quanto inutile. Tutto quello che riesco a fare è pensare. Pensare a quello che è stato, e che non sarà più. A tutti i bei momenti trascorsi insieme.

“Che è successo?!” chiesi spaventata. Matteo aveva il labbro spaccato, un occhio nero e la faccia arrossata. “Niente”. Si niente, non sarebbe riuscito a mentirmi anche questa volta. Era da un po’ di tempo che periodicamente lo vedevo con ferite varie e recentemente avevo anche sentito mia madre parlare di Matteo e dei suoi “rapporti turbolenti con i suoi compagni di classe”. Matteo finse un sorriso. “Matteo, che è successo, lo voglio sapere ora.” Per tutta risposta scrollò le spalle. Lo fissai negli occhi finché le lacrime non cominciarono a scorrergli sul viso. Si voltò e corse via prima che potessi fermarlo.”

La mia mente è in completo subbuglio. Ricordi felici e i pensieri di un presente straziante di accavallano. Non ho neanche la forza di piangere. Per la prima volta capisco davvero cosa vuol dire ‘apatia’.

“Isa, Matteo è stato picchiato dai suoi compagni di classe. E’ in ospedale.”

Stringo le coperte tra le mani.

“Non ce l’ha fatta.”

Mi copro il volto con le mani mentre il momento di completa apatia lascia il posto ad un secondo pianto violento.

“Dovevo salvarlo! Che razza di migliore amica sono?? Faccio schifo!”
“Isa, almeno ora è felice”

Mi alzo dal letto.

“Non ce l’ha fatta”

Spalanco la porta della stanza.

“Isa, Matteo è stato picchiato.”

Esco di casa.

“Ora è felice.”

Corre sotto le nuvole in mezzo alla strada, ad occhi chiusi, in una fredda serata autunnale mentre il rumore dei clacson le riempie le orecchie e il gelido vento d’autunno le scompiglia i capelli rossi, rossi come il sangue. Ha 16 anni, Isabella (che tutti chiamano Isa) ed è conosciuta per i suoi capelli rosso fuoco e i suoi vivaci occhi verdi. E per l’essere terribilmente emotiva. Corre Isabella, il viso rigato dalle lacrime. Corre e sembra non volersi fermare, mai.

Federica Curreli (3B)

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