10 febbraio 2010. Il mito dell’Umberto I = campo di detenzione, è stato sfatato. Coltivare le proprie passioni pur frequentando una scuola impegnativa è possibile. Eccome. Ancora una volta, dopo la fase comunale, Andrea Audisio ha fatto il miglior tempo, ci ha resi orgogliosi, è arrivato primo. E non in una gara qualsiasi, nelle gare provinciali di sci, superando anche chi ha la possibilità di passare tutti i pomeriggi della settimana su una cima innevata ad allenarsi. Eppure è uno studente come noi, che prepara compiti in classe ed interrogazioni due giorni e mezzo su tre, che abita a Torino (non proprio attaccato agli impianti) , che esce con gli amici e che porta a casa una pagella più che soddisfacente. Riesce anche a racimolare un po’ di tempo per aiutare i compagni che hanno qualche difficoltà nello studio … e a fare il rappresentante di classe. Ma questo non vuole essere un elogio, vuole essere la prova di come gli orari dell’Umberto I non imbrigliano le passioni, né tanto meno la vita sociale dei suoi studenti
Spesso chi entra all’Umberto I perde le speranze. Vede sui tabelloni colorati lezioni protrarsi fino alle cinque del pomeriggio e dice malinconicamente addio alla sua vita extra-scolastica in nome della cultura.
Ci vuole un impegno incredibile, e questo non lo mette in dubbio nessuno; ci vuole qualche dote naturale e una memoria valida; ci vuole capacità di coordinazione del proprio tempo. Ma è possibile, per quanto, soprattutto inizialmente, possa sembrare difficile abituati ai ritmi più blandi delle medie, portare avanti le proprie passioni, la propria vita.
L’Umberto I non è una scuola facile, ma dà delle opportunità di confronto che in molte scuole non ci sono; richiede un impegno notevole, ma offre strumenti che aiutano a gestire il proprio studio come meglio si preferisce.
Federica Baradello, Eugenia Beccalli (3F)