Cultura, “un valore da riconoscere come tale, un valore prodotto da nostre valutazioni circostanziate e consapevoli”, la definisce il saggista Alfonso Bernardinelli. Da anni ormai la società occidentale sta attuando una forte democratizzazione della cultura. Il pubblico si amplia con l’aumento del livello d’istruzione e con il trionfo dei mezzi d’informazione di massa. Questo permette alla cultura di diffondersi, ma la espone anche al rischio di essere commercializzata. Praticamente qualsiasi cosa ormai può essere mascherata, spacciata, venduta come “cultura” con il pericolo di dimenticarsi che, come osserva Bernardinelli non si tratta di un valore gratuito. Sul palco del Teatro Ariston durante l’ultima serata del Festival annuale della canzone italiana, sono volati gli spartiti accartocciati dell’orchestra, accompagnati dai fischi del pubblico. Una reazione inaspettata (o forse no?) all’annuncio, dopo un’attesa degna di un reality show, dei finalisti. Reale esempio di indignazione o semplice testimonianza dell’abilità teatrale televisiva, resta comunque sospesa la questione della sovranità critica, il diritto o il dovere di esprimere un’opinione, di mettere in discussione. “Da almeno mezzo secolo le innovazioni, le svolte, le tendenze arrivano da fuori (…) e noi le rincorriamo, e metabolizziamo senza discuterle”. Il bello sta tornando ad essere una questione oggettiva, un sinonimo di comune, moderno, e così vale per la cultura. È cultura ciò che viene detto, assicurato da altri e per questo non necessita di una discussione. Ci scivola addosso, ci lascia indifferenti. Il significato stesso di “critica” si ferma al semplice biasimo o al gusto per la polemica causato dallo sdegno che viene sopito, si ferma ad un commento, diventa sottointeso per tutti tanto che non c’è più bisogno di esprimerlo. Un enorme “Tanto è così”, risoluto e rassengnato. Non è questo di cui c’è bisogno. È troppo facile criticare uno errore per poi restare in disparte a guardare. La vera critica è quella consapevole, che si assume la responsabilità di ciò che afferma, che ha il coraggio di rivolgersi anche a ciò che forse andrebbe solo migliorato. Quella in grado di mettere in discussione gli altri, perché in primo luogo sa mettere in discussione se stessa. Se la cultura ha bisogno di critica allora la critica ha bisogno di un nuovo, più saldo senso di responsabilità, perché la sovranità culturale così come quella sociale, va guadagnata e mantenuta, non può essere solo un “valore gratuito”.
Federica Baradello (3F)