The dollhouse

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ballerinaMa il piacere del gioco era incontrastabile.

Loro avevano tutto. Una bella casa, una bella famiglia.

I sorrisi sempre aperti sul viso.

Loro non sapevano, non avevano idea di ciò che c’era là fuori.

Il gioco non ha età, non ha età se è un modo per evitare il mondo oltre la porta di casa.

La porta rosa, con la targhetta di ottone ben lucidata. La casa bianca con il tetto di tegole e le tendine di pizzo alle finestre.

Erano tantissime, le sue bambole. Non lo facevano mai sentire solo.

Lui le spogliava, le vestiva. Pettinava loro i capelli. Poi le accompagnava nelle stanze.

La signora Rosemary stava in cucina, in piedi di fronte ai fornelli in legno.

Aveva un bel grembiule giallo, i capelli raccolti in una crocchia.

Aveva un sorriso sul volto, come disegnato.

Il mondo delle bambole poteva nascondere cose meravigliose, cose che il mondo di fuori non sapeva dare.

Loro, con quell’aria sempre allegra, i capelli profumati, quel modo di rivolgersi agli oggetti.

Così freddo, così calmo.

Belle sedeva nella sua stanzetta, era l’ora del tè con le amiche. Con i piatti e le tazzine dai motivi floreali. Avevano dei vestiti color pastello, e bracciali di perle ai polsi sottili.

Avevano un sorriso sul volto, come disegnato.

Le bambole non dormivano mai, a meno che lui non lo volesse.

Non poteva che guardarle estasiato: erano così belle nei loro letti dalle lenzuola candide.

Erano così graziose mentre le infilava nella vasca da bagno e le immergeva nell’acqua tiepida.

Le bambole non si lamentavano mai.

E se piangevano accarezzava loro i capelli, e le consolava.

Diceva che sarebbero rimaste nella casa, per sempre. Non avrebbero mai visto il mondo di fuori.

Caroline era seduta al pianoforte del salotto. Aveva una gonna e una camicetta, e i capelli intrecciati con un nastro rosso.

Aveva un sorriso sul volto, come disegnato.

Non le aveva cercate, erano state loro a trovare lui.

Lo avevano supplicato, e lui le aveva rese le sue bambole.

Dorothy e Violet giocavano all’ingresso. Avevano un trenino di legno e due vestitini a quadri.

E un sorriso sul volto, come disegnato.

Le bambole non uscivano mai di casa, perchè lui non voleva.

Non voleva che conoscessero il dolore, la sofferenza.

Non voleva che vedessero il grigiore di cieli e città.

Nella casa delle bambole c’era sempre allegria.

E lui amava le sue bambole.

Anche quando facevano le cattive, e dovevano essere punite.

E urlavano, senza smettere di sorridere.

Ma il giorno dopo lui le aveva perdonate già.

E tornava a pettinar loro i capelli, e le riportava nelle stanze.

Nella casa delle bambole c’erano sempre sorrisi sui volti, come disegnati.

Lo hanno trovato parecchi mesi dopo, gli uomini di fuori.

Sono arrivati con le armi, e hanno aperto la porta della casa.

Hanno trovato, tappezzerie floreali, tende di pizzo, fornelli in legno, un pianoforte.

E hanno trovato una decina di donne, metà di loro già cadavere.

Erano vestite con abiti colorati, ed erano coperte di cicatrici.

E avevano il volto sfregiato da un’incisione profonda ai lati della bocca,

come un sorriso disegnato.

Emma Barraco (3B)

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