Dagli occhi di Steve

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Si è conclusa da poco la mostra di uno dei più grandi fotografi dei nostri tempi, Steve McCurry. Con le sue immagini riesce ad impressionare il mondo intero.

La mostra, iniziata il 1° aprile, è stata ospitata dal palazzo che per secoli è stato la dimora estiva della monarchia sabauda, la Reggia di Venaria.

L’esposizione inizia con la visione di un video che mostra alcune delle foto in bianco e nero scattate da McCurry durante il suo primo viaggio in Afghanistan. La visita poi procede con queste stesse immagini affisse come quadri. Dopo di che si entra nel vivo con metri e metri delle foto a colori, in contrasto con le precedenti, da lui preferite, più significative e sgargianti.

La mostra ripercorre tutti i viaggi di Steve e le foto spaziano dal Giappone alla Cina, dalla Corea, al Vietnam e all’India fino ad arrivare in Italia e in California.

Ma chi è Steve McCurry? Gianni Riotta lo definisce: “Uno degli esperti sul campo migliori che ci siano in giro, testimone di prima linea tra tanti analisti da laboratorio che non hanno mai messo piede sul campo di battaglia. I sui taccuini, i quaderni su cui prepara una spedizione, i ritagli di giornale, oggi gli appunti dai siti web, gli servono per capire con precisione che cosa stia accadendo, ma non lo vedrete mai, neppure durante una discussione approfondita su Kabul, Washington, Mosca o Baghdad e le loro opposte strategie, scaldarsi e prendere parte per l’uno o per l’altro in modo fazioso”.

La fama mondiale di Steve inizia solo nel 1985. In quell’anno, dopo essersi laureato in fotografia alla Penn State University, parte per un viaggio in Afghanistan per documentare gli orrori della guerra che il Paese sta combattendo contro i Sovietici. Un giorno entra in una capanna e incontra una ragazza dodicenne decisamente restia a conoscerlo. Non appena la vede Steve sa che le deve fare una foto: quella fanciulla diventerà il soggetto del suo famosissimo ritratto: “Ragazza Afghana”. Questa foto diventerà il simbolo della guerra, della paura e della speranza. Semplicemente digitando “Ragazza Afghana” su Google appaiono oltre 300000 risultati dove la critica la paragona ai classici di Picasso. La giovane fanciulla è un po’ come la Monna Lisa: non sappiamo se sia felice, triste, fiera o conscia della sua bellezza e questo è ciò che stupisce e rende questa immagine indissolubile nel tempo. Ciò che noi sappiamo è che per Steve questa foto rimarrà “la” foto. Tuttavia tutti i viaggi che fa, tutti gli sforzi che compie, tutte le situazioni pericolose in cui si trova sono un po’ contradditorie perché come ha detto lui stesso: “Nessuna fotografia vale una vita. Non la mia, non quella dei miei assistenti, fixer, scout locali, traduttori, autisti. Non quella delle persone che fotografo. Mai”.

Niccolò Bertello (1L)

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