Trump, un imprenditore che non solo ha scelto di tentare la corsa alla Casa Bianca, ma l’ha pure vinta contro ogni pronostico. E ora questo successo inaspettato scandalizza. Una residenza personale dove ogni suppellettile vale più del PIL di qualunque paese in via di sviluppo, un passato di fallimenti come di grandi successi, una moglie giovane e bella, bersaglio di critiche sessiste e prive di senso: ecco cosa sappiamo del nuovo Mr. President. Tutti a chiedersi come sia stato possibile. Tutti a chiedersi cosa sia passato per la testa dei suoi elettori, quale sarà il futuro degli Stati Uniti d’America guidati dal nuovo Mr. President. Come per tutti i grandi eventi politici e fenomeni culturali di cui siamo spettatori, naturalmente le opinioni si dividono e le parole si sprecano. C’è chi trova analogie con il passato, chi gli rimprovera citazioni di Mussolini o Hitler e chi minimizza ogni frase, ricordando che bisogna guardare alla sostanza più che alla forma e che, in fondo, qualche ragione potrebbe averla. Forse, però, ciò che gli ottimisti dimenticano – e sarebbe invece il caso di ricordarglielo il più possibile – è che le parole pesano come macigni, non sono una convenzione, non sono semplice arte retorica. Le parole sono gli strumenti più pericolosi per abbindolare le masse. Chi usa parole che cavalcano l’onda del sentimento popolare (e populista) più istintivo, non fa che alimentare rabbia, confusione e intolleranza. Chi usa le parole senza pensare al loro peso, soprattutto quando riveste un ruolo di potere, non fa che spostare indietro la lancetta del tempo e tornare inevitabilmente indietro.
Qualche esempio? C’è solo l’imbarazzo della scelta. Si può cominciare dalle competenze scientifiche. “Tutte queste balle sul riscaldamento climatico devono finire. Il pianeta è freddo, mai stato così freddo e gli scienziati che se ne occupano stanno congelando”. Mister Trump deve aver pensato che, ignorando un problema, questo scompare. Senza badare al fatto che ci sono “tonnellate di prove” sullo scioglimento dei ghiacci e sull’innalzamento delle temperature, sembra quantomeno pretenzioso che si metta gratuitamente in discussione il lavoro di scienziati e ricercatori preparati e competenti. Così, tanto per dire la propria. Ma si deve passare oltre. Le politiche sull’immigrazione, note come politiche dei flussi, prevedono che non tutti coloro che fanno richiesta per un visto d’ingresso vengano accolti. Molti paesi come l’Australia e l’Austria hanno adottato criteri rigidi. Di per sé, nulla di tutto ciò è strano. Le dichiarazioni del nuovo presidente, però, vanno oltre. “Quando i messicani mandano i loro, non mandano i migliori. Sono criminali, stupratori”. Niente di meglio per giustificare la costruzione di un muro in grado di separare Messico e California, impedendo il passaggio di esseri umani. Parole che rischiano seriamente di spaccare la società americana, che risvegliano i peggiori istinti xenofobi e razzisti, tanto che i nuovi movimenti neofascisti hanno accordato il proprio appoggio alla campagna elettorale del neo-presidente, considerandolo addirittura troppo moderato. In termini di discriminazione, però, al peggio non c’è mai limite. Dopo essersi scagliato contro gli immigrati poveri (dichiarazioni simili sugli svizzeri, infatti, pare non ce ne siano state), Trump non poteva che puntare il mirino contro le donne. Donne che devono essere oggetti, che hanno un valore solo in quanto belle e avvenenti, la cui intelligenza è solo un inutile orpello, se non un imperdonabile difetto. Ad ogni giornalista che abbia provato a chiedergli conto delle sue gaffe o di promesse elettorali difficilmente realizzabili non sono mancati appellativi come “cagna” e “oca”. Il meglio è stato riservato ad Alicia Muchado, ex Miss Universo (casualmente sudamericana), alla quale il nuovo presidente dello stato più potente del mondo ha rimproverato i chili di troppo, come se lui fosse il discobolo greco. La famosa modella di origine venezuelana è stata definita simile a un maiale, in una sola parola: piggy. Ecco dunque la massima espressione della stima di Trump nei confronti delle donne: pare che l’unica cosa che sia in grado di fare è di accostarle a degli animali.
Un’ultima domanda da questa parte dell’oceano, allora, Mister President: se alla popolazione degli Stati Uniti togliessimo gli scienziati, gli immigrati, i giornalisti, le donne e tutti coloro che sono stati bersagli delle sue eleganti osservazioni, chi pensa resterebbe? Le parole sono fondamentali Signor Presidente, gli Americani sono cittadini, non scimmie. E gli Stati Uniti d’America non sono una fattoria. O stanno forse per diventarlo?
Beatrice Cagliero