Il 1° gennaio di quest’anno la Finlandia ha fatto notizia: è diventata il primo Paese in Europa ad applicare un piano che prevede un reddito minimo garantito di 560€ ai disoccupati. In realtà il progetto è ancora in fase sperimentale. Infatti questo piano economico, di durata biennale, è stato applicato ad un campione di soli 2000 persone senza lavoro su un totale di circa 223mila. Nel 2019 si tireranno le somme del progetto. Comunque sia, l’agenzia governativa che si occupa del progetto e che lo ha lanciato, la KELA, è fiduciosa e pensa che entro il 2019 riuscirà a raggiungere il suo obiettivo: la riduzione della disoccupazione. Questa riforma eliminerebbe molti dei problemi del complicato sistema previdenziale finlandese: al giorno d’oggi, infatti, molti disoccupati sono recalcitranti ad accettare un impiego mal pagato o a tempo determinato in quanto spaventati dalla prospettiva di poter perdere (anche solo in modo parziale) il proprio sussidio di disoccupazione. È scontato che non sia tutto rose e fiori: gli svantaggi, in contrapposizione ai numerosi lati positivi, non mancano. Forse è questa la ragione che ha impedito alla Svizzera di far passare il referendum sul reddito minimo garantito con solo il 23% dei voti positivi, il giugno scorso. La realtà è, tuttavia, che i vantaggi sono numericamente maggiori degli svantaggi. Questa riforma permetterebbe una notevole semplificazione del sistema previdenziale e di tutta la burocrazia ad esso legata. Potrebbe portare alla fine della povertà estrema e ricompenserebbe anche chi svolge compiti utili al funzionamento della società senza ottenere un compenso come chi svolge servizi di assistenza domestica. Il vantaggio, forse più grande di tutti, è che si eliminerebbe ogni tipo di truffa alla previdenza sociale. Come già detto ci sono anche dei piccoli problemi che, se non risolti, potrebbero rivelarsi una spina nel fianco: molti politici ritengono che, avendo una base economica sufficiente per arrivare a fine mese, molti disoccupati non cercherebbero neanche più lavoro incoraggiando la disoccupazione. Altri sono invece più preoccupati per quello che potremmo definire “effetto calamita”: si teme infatti che i flussi migratori (attirati dalla certezza di un sussidio garantito) si dirigano tutti verso la Finlandia.
E in Italia le cose come vanno? A Roma il dibattito è ancora acceso: gli esponenti del M5S si dichiarano a favore del reddito minimo garantito in quanto, secondo loro, rilancerebbe i consumi; dall’altra parte molti pensano che sia una spesa che i fondi bancari italiani non sono in grado di reggere e che ciò non farebbe altro che incoraggiare le persone a non cercare un’occupazione. Ma se invece di promettere ad ogni cittadino senza occupazione un reddito minimo garantito sufficiente solo per arrivare a fine mese, non sarebbe meglio promettere ad ognuno il diritto al lavoro?
Niccolò Bertello