L’Italia spezzata dal sisma

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prima e dopoCase distrutte, strade boccate dalle macerie, edifici travolti dalla neve e dalle frane. Ad Amatrice, Accumoli, Norcia e in tante altre città non è rimasto più nulla. Il Centro Italia è una terra dilaniata, segnata dalle scosse di terremoto che lo hanno devastato a partire dallo scorso 24 agosto e che sono state la causa della morte di circa 300 persone. E adesso, a distanza di sei mesi dalla prima scossa, si progetta la ricostruzione del territorio, ma i costi continuano a salire e forse nemmeno il Fondo di Solidarietà dell’Unione Europea basterà a restituire ai cittadini le loro città. Sono bastati quattro violenti terremoti a devastare 131 comuni del Centro Italia, sparsi fra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo, il primo dei quali è stato Amatrice, in provincia di Rieti.

La notte del 24 agosto 2016 un violento sisma di magnitudo 6.0 ha raso al suolo il paese e tutti comuni vicini all’epicentro, situato nei pressi di Accumoli, a soli 4 chilometri di profondità. «Il paese non c’è più. Sotto le macerie ci sono decine di persone», sono state le drammatiche parole del sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, a poche ore dalla tragedia. E infatti il numero delle vittime è esorbitante e ammonta a 299 morti, 388 feriti e 238 superstiti. Sembra quasi di essere tornati nel lontano 1638, quando la città venne rasa al suolo dalla prima, devastante scossa. Adesso quel ricordo sembra essersi riacceso nella memoria della città. Nei mesi successivi la terra ha continuato a tremare: quattro giorni dopo una violenta scossa a Castelsantangelo (magnitudo 5,4), il 30 ottobre a Norcia è stato registrato un sisma di magnitudo 6,5, la più alta in Italia dal sisma dell’Irpinia del 1980. L’ultimo sisma è stato quello del 18 gennaio (magnitudo 5,4), che ha messo in ginocchio le zone già colpite nei mesi precedenti: L’Aquila, Rieti, Teramo e Amatrice. Nelle zone di montagna, dove le strade sono rimaste inagibili per settimane, la neve ha aggravato ulteriormente la situazione, isolando interi paesi e bloccando molte famiglie tra le macerie, senza luce e senza viveri. È il caso del comune di Capitignano, come testimoniano le parole del sindaco, Maurizio Pelosi:« C’è un metro e mezzo di neve e continua a nevicare, ciò è un aggravante: le persone hanno difficoltà ad uscire di casa, c’è tantissima neve e molte sono bloccate». Tragica è stata anche la vicenda del comune di Farindola, dove le scosse hanno provocato una valanga che ha travolto l’hotel Rigopiano, causando la morte di 29 delle 40 persone rimaste bloccate sotto la neve e le macerie. Il terremoto non ha dato tregua agli abitanti dell’Italia centrale per mesi, durante i quali, però, sono arrivati soccorsi da tutto il Paese.

A seguito del sisma del 24 agosto sono state organizzate numerose raccolte fondi, tra cui quelle di Legambiente e del Corriere della Sera, che hanno raccolto rispettivamente 64000 e 1152000 euro, mentre la Protezione Civile ha attivato un numero per poter sostenere economicamente le vittime. L’aiuto più grande, però, è stato dato dalle centinaia di volontari che sono arrivati da tutto il Paese per accogliere gli sfollati, scavare tra la neve, distribuire viveri o affiancare le forze dell’ordine nella disperata missione di salvataggio di centinaia di vite. Di fronte alla tragica situazione in cui versavano i comuni dell’Italia centrale la solidarietà non è mancata, ma né questa né i fondi raccolti sono stati sufficienti. Nel complesso, infatti, i danni provocati dal terremoto fino ad oggi ammontano a 23 miliardi e 530 milioni di euro, una cifra esorbitante che dovrebbe coprire i costi per il ripristino delle funzionalità dei servizi e per la ricostruzione delle zone danneggiate e che quindi è una priorità assoluta. In particolare, è stato approvato il piano definito da ANAS (Azienda Nazionale Autonoma delle Strade) e dalle Regioni per il ripristino della rete viaria delle zone colpite dal terremoto, che coprono una superficie di circa 7.600 chilometri quadrati. «Per ripristinare la viabilità e le connessioni per il Centro Italia colpito dal sisma – spiega il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio – sono stati considerati sia gli interventi urgenti, sia la definizione di assi prioritari di collegamento con il Paese». Il programma prevede infatti una rete stradale di 15.300 km che richiederà un importo totale di circa 1,7 miliardi di euro, ma la priorità verrà data alle zone che si trovano in una situazione di maggiore emergenza. Appellandosi al diritto degli stati membri colpiti da catastrofi naturali di disporre del Fondo di Solidarietà dell’Unione Europea, il 16 novembre 2016 il Dipartimento della Protezione Civile aveva trasmesso a Bruxelles il fascicolo con la stima dei danni e dei costi da sostenere, all’epoca 7 miliardi e 56 milioni di euro, ma il massimo contributo consentito dalla Commissione Europea è stato di soli 30 milioni di euro. A seguito delle scosse registrate fino al 18 gennaio, l’aggravamento della situazione ha portato ad un incremento dei costi pari a circa 16 miliardi e 470 milioni di euro.

Il terremoto ha aperto una ferita profonda nella storia del nostro Paese, spezzando centinaia di vite e portando via una casa, una famiglia, una quotidianità a migliaia di persone. In fondo, è come se il terremoto avesse scosso tutto il Paese, risvegliando in tanti cittadini un senso di solidarietà nazionale che ha sostenuto le vittime nell’affrontare il drammatico presente. Di fronte alla paura, alla disperazione e alla rabbia di chi ha perso tutto non resta che dimostrare la propria solidarietà e umanità, farsi carico delle proprie responsabilità e dei propri doveri di cittadini e di uomini e aiutare il prossimo ad affrontare una realtà che, in fondo, riguarda tutti noi.

Elena Catalanotto

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