Sessant’anni fa, sei nazioni devastate dalla Guerra decisero di cominciare a fidarsi l’una dell’altra. Sessant’anni fa, con i Trattati di Roma, l’Europa iniziava un percorso di tipo economico che, nel ’93, sarebbe sfociato nell’Unione Europea. Un grande risultato che all’epoca nessuno si sarebbe mai aspettato, ma nel quale, in fondo, molti credevano, a partire dai leader che avevano visto i loro Paesi messi in ginocchio da un conflitto che non avrebbero mai più voluto rivivere. Era questo lo scopo della CEE: porre le basi per un futuro migliore, di cooperazione internazionale e pace. Da quel tanto lontano quanto vicino 1957, l’ottimismo che trasudava dalle Nazioni dell’Unione, che ora sono addirittura 28, si è un po’ spento, lasciando dietro di sé un’ondata di euroscettici, che hanno in qualche modo alimentato la crisi già presente nell’istituzione. Ad oggi, l’Unione Europea si ritrova a combattere faccia a faccia con la crisi economica e il terrorismo, che non stanno lasciando scampo a nessuno degli Stati membri. E di fronte a ciò, la scelta che sta compiendo un numero sempre più grande di cittadini è quella di optare per una soluzione drastica. Basti pensare alla recente Brexit o al consenso, sempre maggiore, che Marine Le Pen sta riscuotendo con la sua politica anti-immigrati e pro “Frexit”. C’è anche chi nell’UE non ha mai creduto fin dall’inizio, e che ora trova pane per i suoi denti in mezzo a tanti confusi e ottiene approvazione nel suo scetticismo radicato. Nonostante ciò, lo scorso 25 marzo, i 27 stati dell’Unione Europea si sono impegnati a creare nei prossimi anni un’Europa “sicura, prospera, competitiva”. Un obiettivo che si prefiggono di raggiungere nel corso del “prossimo decennio”, con la cooperazione tra Paesi e cittadini. C’è chi crede ancora in un futuro europeo, ma appare chiaro anche a loro come questo futuro sia piuttosto instabile, e lo sarà fino almeno alle prossime elezioni francesi e tedesche, dopo il sospiro di sollievo tirato grazie all’Olanda. L’Europa, più che avere i giorni contati, ha bisogno di un restyling, di quelli alla Enzo e Carla, per rassicurare gli scettici e non deludere chi è sempre stato fedele. In un momento così delicato, l’unica soluzione sembra essere una svolta drastica, lo smembramento o la realizzazione del sogno di Churchill (se solo sapesse che fine ha fatto la sua Gran Bretagna!). Con la recente firma dei Trattati di Roma, l’intento sembra essere quello di uscire dalla “terra di mezzo”, come la definisce Bernard Guetta, in cui non si raggiunge la maggioranza dei favorevoli ma nemmeno dei contrari, e, nel bene o nel male, smuovere le acque della situazione europea. Il vero punto interrogativo resta quindi quello di capire se sia effettivamente nelle intenzioni dei membri “aggiustare” l’Unione, o se queste tre pagine, alla fine, andranno solo ad aggiungersi agli immensi faldoni negli scaffali di Bruxelles. C’è anche da aggiungere che il pericolo è davvero molto vicino, e per i leader il gioco non vale la candela: forse di fronte alla minaccia della fine dell’UE possiamo auspicare un cambiamento degno di questo nome. E mentre riponiamo la nostra fiducia nei politici che ci rappresentano a livello europeo, noi cittadini possiamo limitarci a sperare che i Trattati di Roma portino, come sessant’anni fa, ad un cambiamento che possa farci sentire, se non orgogliosi, almeno felici di far parte di un’Unione che si prenda veramente cura dei suoi figli.
Miriam Papa