Ideas don’t need rights. People do.

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Tirate fuori i vostri gingilli, religiosi di ogni dove ed ogni credo! Cristiani, mano ai crocefissi! Musulmani, alle scimitarre! Ebrei, al portafogli! Rintanatevi nei vostri luoghi di culto, o state anche solo raccolti in posizione fetale in un angolo di casa vostra con la cera nelle orecchie a mormorare preghiere, perché stanno per cominciare le annuali 24 ore in cui miscredenti di ogni dove si lasceranno andare ad una maratona di blasfemie varie che quasi sicuramente feriranno i vostri sentimenti in modo permanente.

Battute a parte, la giornata internazionale del diritto alla blasfemia non è una festività, e neanche una scusa per noi atei per andare in giro a fare violenza psicologica sui credenti (non ne abbiamo bisogno). Questa occasione cade il 30 settembre di ogni anno a partire dal 2009, in riferimento alla controversia scaturita dalle dodici vignette su Maometto pubblicate quattro anni prima dal giornale danese Jyllands-Posten. Lo scopo di questa giornata è quello di supportare la libertà di espressione e di pensiero, e soprattutto il diritto di criticare (o far satira su) una qualsiasi religione, senza dover per questo rischiare la galera o la morte.

Il più delle volte si fa l’errore di credere che la religione sia qualcosa di più di un’opinione, ma viviamo nel ventunesimo secolo, ed è arrivato il momento di capire che non c’è nulla di speciale nel credere in una qualsivoglia divinità. Dio è, essenzialmente, Babbo Natale per adulti, e come tale deve essere trattato. E così come si ha la libertà di dire ad un bambino che Babbo Natale non esiste, e che è un’idea stupida (se non l’avete mai fatto provateci, è divertentissimo), bisogna avere la libertà di fare altrettanto con la versione per maggiorenni (questo invece rischia di essere meno divertente). È ridicolo come, anche in Europa, dove la percentuale di atei e non credenti di varia denominazione è in costante crescita (e così in altre parti del mondo), esistano ancora delle leggi contro la blasfemia, chiaro retaggio dell’influenza della religione sui governi dei vari paesi. Salman Rushdie, che di blasfemia e persecuzione ne sa quanto basta, ha detto che nel momento in cui un’idea viene dichiarata immune da criticismo e ridicolo, la libertà di pensiero diventa impossibile. Ed è vero. L’avere delle leggi che sono, sostanzialmente, fatte per difendere dottrine che non sono in grado di prendersi cura di sé stesse, può sembrare una cosa da niente, ma legittima l’idea che effettivamente vi sia qualcosa, nella religione, che la renda superiore a tutte le altre stupidaggini che sono spuntate nel corso dei secoli, e che sia perciò intoccabile. Il fatto che il Parlamento Europeo (2007) ed il Comitato Costituzionale del Consiglio d’Europa (2008) abbiano entrambi sostenuto la necessità di abolire il reato di blasfemia, mostra chiaramente come reati di questo genere siano anacronistici e fuori contesto in una società in cui uguaglianza e libertà d’espressione sono fondamentali.

La religione è tuttora l’unica ideologia a godere di un simile privilegio. Si può disquisire apertamente e fare satira sulla politica, sull’etnia delle persone, sulla loro vita privata, sul loro orientamento sessuale e su qualsiasi altra cosa. Tranne la religione. Lì non si può andare, perché si va ad offendere “il sentimento religioso” della persona. Vai a toccarla in un punto sensibile (e non nel modo in cui lo farebbe un prete). Ora, lasciando da parte il fatto che in buona parte le idee proposte dalle varie autorità religiose siano degne del peggiore dei criminali di guerra e più che meritevoli di una buona dose di ridicolo, questa eccessiva sensibilità è pericolosa, perché va poi ad avere conseguenze estremamente serie, e per vederle non bisogna neanche andare nelle teocrazie islamiche. Ah no. Per prendere un esempio moderno, e tutto occidentale, facciamo un salto negli Stati Uniti, a goderci lo spettacolo di fanatici religiosi (tra cui un reverendo. Altro che Don Matteo!) che fanno attentati contro cliniche che praticano l’aborto, e si divertono ad uccidere o menomare i medici che ci lavorano.

Ora, si può già immaginare come questo esempio, di primo acchito, possa creare un po’ di confusione, ma il fatto è che la blasfemia non è solo qualcosa che si fa con le parole, insultando una divinità. La blasfemia è un concetto molto più ampio, che copre tutto ciò, parola o azione, che va contro i dettami di un credo religioso. Il problema di fondo è che, per alcune persone, questo concetto è un po’ troppo ampio, e finisce per inghiottire la libertà degli altri di vivere la propria vita come meglio credono. Ma del resto, perché preoccuparsene? Loro hanno la fede. Sono superiori moralmente, e le nostre misere vite di peccatori urtano così tanto la loro sensibilità che si sentono in dovere di correggerci. Che sia per farci un favore, salvare la nostra anima, o solo per evitare che il nostro peccato intacchi la loro purezza spirituale. Perché è vero che molti di loro si definiscono tolleranti, ma è solo ipocrisia. Perché è vero che Dio ama tutti, però i finocchi finiranno all’inferno, e quegli altri, poverini, sono nati con la religione sbagliata.

Alcuni potrebbero pensare che sia un’esagerazione parlare di questa eccessiva sensibilità delle religioni, ma è un qualcosa che si può vedere, perché come tutte le tendenze che influenzano il comportamento della popolazione, anche questa ha avuto i suoi momenti, nel corso della Storia, in cui ha preso il sopravvento su tutto il resto. Molto spesso si parla dell’aniconia della religione islamica (anche conosciuta come la ragione per cui i seguaci di Maometto gli rompevano tutti gli specchi), ma anche gli altri due componenti del trio degli abramiti hanno avuto i loro bei momenti. Gli ebrei erano attivamente iconoclasti in tempi biblici, mentre i cristiani sono andati più a momenti, passando una fase iconoclasta nel periodo bizantino ed un’altra con la riforma protestante (i cui effetti si vedono ancora oggi nelle inquietanti bambole degli Amish). Vero è che loro si sono poi ricreduti; gli ebrei si sono resi conto che fosse giusto proteggere anche le altre religioni, e i cristiani hanno visto che le rappresentazioni rendevano bene (anche se alcune delle più recenti, come “Jesus Does His Nails” non sono state troppo gradite).

La blasfemia, intesa come l’atto di sfidare gli insegnamenti della religione, è qualcosa di fondamentale, ed è qualcosa che è stato estremamente utile nel corso della storia, perché senza di essa l’epoca moderna non sarebbe mai arrivata. I testi religiosi non possono contenere informazioni scientifiche, e di questo non si può ovviamente fargliene una colpa, visto che sono stati scritti più di millecinquecento anni prima della nascita della scienza moderna. Chi invece è colpevole di qualcosa sono le istituzioni religiose, che hanno volutamente tentato di frenare l’avanzamento della conoscenza scientifica, perché era blasfema e sfidava il loro potere. Fortunatamente, in occidente hanno miseramente fallito. Altrettanto felice non è stata la sorte dei paesi islamici, i quali durante la loro epoca d’oro avevano dato i natali a menti eccelse come Avicenna, Al-Khwarizmi, Al-Karaji o Omar Khayyam, mentre nella storia più recente, schiacciati sotto il tallone del fondamentalismo religioso, sono riusciti ad ottenere solo dodici premi Nobel, su 881 totali, di cui solo tre in campo scientifico.

La blasfemia non è però utile solo nell’evolversi del sapere scientifico, ma anche nel diritto e nella protesta contro l’oppressione, perché sebbene la maggioranza sia restia ad ammetterlo, di quello si tratta. Oppressione. Bambini cresciuti in scuole dove scemenze bibliche vengono sostituite a comprovate verità scientifiche, traumatizzati a vita da adulti che gli sbattono in faccia visioni orribili di sofferenze eterne, sottomettendoli con la paura ad un dio che gli dice che non tutti sono uguali. Non tutti possono essere quello che vogliono, o fare quello che vogliono, e non tutti hanno gli stessi diritti. Gli omosessuali sono un peccato contro Dio, e le donne sono esseri inferiori e vanno dominate. Chi più chi meno, tutte le religioni ne sono colpevoli, nessuna esclusa. E chi denuncia queste cose, come il regista danese Theo Van Gogh, rischia la morte, anche, o forse perché, agisce per il bene comune. Perché la religione unisce, ma solo pochi gruppi alla volta, e quindi finisce per creare conflitto.

Per quanto possano sembrare slegati, un filo lega tutti i punti fin qui toccati. Un filo rosso come il sangue, quello di chi è rimasto ucciso dalla violenza che inevitabilmente si accompagna alla religione. Questo filo è l’utilità della blasfemia, che per quanto sia ovunque contrastata, perché “libertà di pensiero sì, ma senza offendere”, ha fatto di più per l’umanità di qualsiasi religione, e ha il potenziale per fare ancora di più. Molte persone sono stupide, e probabilmente occupano solo spazio, ma molte altre sono intelligenti, e sono in grado di fare molto per il bene di tutti, ma finché non daremo a tutti la possibilità di esprimersi liberamente non potremo mai sapere chi è chi. E non frega a nessuno se la tua sensibilità viene urtata perché senti qualcosa che va contro quello in cui credi. Il mondo è vario, con tante scuole di pensiero, e soprattutto è cattivo. Quasi quanto un dio dell’antico testamento. È inevitabile che prima o poi qualcosa non ci piaccia. È una conseguenza dell’essere parte della società. Fatevene una ragione.

C’è un’espressione nella lingua inglese, percussive maintenance, che indica l’atto di riparare qualcosa (generalmente qualcosa di elettronico) colpendolo ripetutamente. In un certo senso, è un po’ questo che si fa nella giornata internazionale del diritto alla blasfemia. Si colpiscono le persone per riparare il danno fatto da religione e perbenismo. Magari non funzionerà con questa generazione. Magari neanche con la prossima. Però arriverà il momento, prima o poi, in cui le persone riusciranno a liberarsi da questa gabbia e a pensare con la propria testa.

Davide Costa

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