In Italia, come nel resto del mondo occidentale, si sta parlando tanto del famigerato Coronavirus, scatenatosi in Cina all’inizio del 2020. Come la vedono, però, i cinesi che non sono assolutamente coinvolti e che si ritrovano costretti ad essere discriminati come responsabili? Sinceramente, non è per niente corretto, perché dal razzismo contro gli immigrati si è passati a quello contro asiatici che probabilmente non tornano a casa loro da molto tempo, come la sottoscritta. Solo perché il virus è nato in Cina non significa che ogni singolo cinese sia per forza infetto. D’altronde non si dovrebbe credere a tutto ciò che si legge su internet senza prima verificare, perché sono sopratutto i social come Instagram o Facebook ad aizzare un fuoco già molto acceso dalle notizie dei vari telegiornali e dalle autorità stesse. Specialmente i giovani sono i principali protagonisti di questa nuova paura della comunità asiatica. La paura, però, non è così fondata.
Se consideriamo infatti le statistiche più aggiornate sul numero di persone infettate e su quello di persone decedute, i morti sono esattamente il 2,3% del totale dei contagiati (636 su 31mila). Peccato che la normale influenza ogni anno colpisca 40-50 milioni di persone e causi la morte dell’1 per mille, che significa 40-50 mila morti. Certo, è un nuovo virus che si sta espandendo molto velocemente, ma, anche se il governo cinese avrebbe dovuto fin da subito riconoscere il potenziale rischio di diffusione, non è proprio il caso di considerarlo la peste bubbonica del XXI secolo. Quindi le persone che scappano non appena si avvicina un cinese, solo perchè magari ha tossicchiato, sono semplicemente ignoranti, parlano senza riflettere e non fanno altro che essere pecore che seguono il gregge senza pensare. Non andare più nei ristoranti cinesi perché si pensa che il cibo sia contaminato, senza sapere che il virus si trasmette per via area, non fa altro che inasprire ulteriormente una situazione già molto delicata. Inoltre, è evidente come qui in Europa occidentale tutti i governi si siano attivati per tempo e con grande efficienza, circoscrivendo i pochissimi casi accertati e quelli sospetti, garantendo così la salute sia di pochi sfortunati che di gran parte della popolazione: insomma, c’è più di un motivo per tranquillizzarsi e, semmai, apprezzare i risultati straordinari della ricerca scientifica e della collaborazione internazionale.
Il panico e l’isteria che si verificano ormai con una frequenza preoccupante, più che da paure legate all’istinto di sopravvivenza, sono alimentati spesso da un razzismo di fondo che viene a galla e da una xenofobia che coinvolge spesso persone insospettabili. Perché, anche se ci trovassimo di fronte a un pericolo di contagio di massa, sarebbe più umano essere solidali che discriminare. Nulla giustifica l’avere pregiudizi e l’essere scortesi con gli altri: men che meno il coronavirus.
Yi Liang Xu