La parte più famosa di Amleto è il monologo del protagonista, “essere o non essere?”
Questo brano ci propone una profonda riflessione sulla vita, sulla morte e sul suicidio, svelandoci un aspetto del principe di Danimarca interessante, la sua ragione.
Per tutta l’opera si capisce che egli è dotato di una grande arguzia, anche se spesso si fa sovrastare dalle emozioni. In questo passo accade il contrario.
Amleto viene sempre rappresentato come un uomo prettamente confuso, insicuro di sé e con molti pensieri contrastanti. È proprio questo monologo a fare da prova dei suoi sentimenti, di ciò che pensa, di ciò che lo tormenta. Egli domanda a se stesso se non sia preferibile suicidarsi per porre fine alla propria sofferenza e lasciarsi alle spalle il dolore e l’agonia associati alla vita, oppure vivere nello sconforto pur di non scoprire cosa viene dopo la morte. Al momento del monologo, il protagonista crede di essere solo, ma il re Claudio e Polonio sono nascosti e stanno origliando tutto.
Una delle caratteristiche che per prime salta all’occhio è proprio il pessimismo che poi ci accompagnerà per tutto il discorso.
Il primo verso (“Essere o non essere? Questo è il problema.”) è visto dai critici letterari come una domanda che Amleto si pone e che starebbe a significare “vivere o morire?”. Egli porge questa domanda non solo a se stesso ma a tutta l’umanità. Usa infatti in pronome “noi” donando a questo discorso un tocco di immedesimazione, un tocco di originalità.
Inizialmente si sostiene che la morte sia la scelta più giusta. Tuttavia, cambia rapidamente tono quando considera che nessuno sa per certo cosa succede dopo la morte e che, inoltre, la chiesa condanna il suicidio come un peccato mortale.
Il monologo di Amleto è interrotto da Ofelia, che sta pregando. Il protagonista si rivolge a lei come una ninfa e, in questo momento, le chiede disperatamente di pregare per lui. Amleto ha bisogno di conforto, di supporto e lo chiede alla giovane ragazza dai capelli biondi, bellissima, che forse lo può aiutare a uscire da questo limbo. Purtoppo, non basteranno le preghiere della giovane a salvarlo.
In una vita che egli associa alla sofferenza, l’amore non basta più. Riflessione cupa, negativa e forse un po’ assolutistica. Davvero la vita è sinonimo di dolore? Troppo spesso, forse, dimentichiamo le cose belle e gioiose, o magari queste sono state sovrastate da un sentimento più forte, l’angoscia.
Asia Filomeno e Evangeline Busso