“Vorrei imparare divertendomi, vorrei imparare senza accorgermene.” Lo ha scritto Daniela, una ragazza di terza media sul blog della propria scuola, ma se si ripercorre mentalmente il proprio percorso scolastico verrebbe più spontaneo domandarsi:”Quante volte è successo?”
Ripensando a grandi classici come Dante, Boccaccio o Manzoni, che sono i fondamenti della nostra letteratura, c’è da chiedersi il perché molti studenti, anche di generazioni diverse, non siano riusciti ad apprezzarne la lettura durante gli anni scolastici ma soltanto dopo, quando questa non era più vissuta come un’imposizione.
Una prima risposta? Forse, non è l’argomento che non va, ma il modo di esporlo-imporlo. Perché, per esempio, la storia raccontata da Barbero è accattivante e, se resa entusiasmante nella spiegazione, il pensiero di pomeriggi passati a studiarla potrebbe essere decisamente meno scoraggiante di quanto sia in situazioni diverse.
Oggi, la nostra quotidianità è sempre più bombardata da continue informazioni e dominata dal linguaggio dei social: non sarebbe forse ora che anche la scuola modernizzasse non solo la sua comunicazione, ma anche i contenuti? Perché tante ore su Don Abbondio e Carlo V, quando si potrebbe, per esempio, dedicare molto più tempo all’attualità?
Terminare a tutti i costi un libro o un argomento solo perché è nel “programma” non serve né al libro, né al programma, né a noi. Bisognerebbe poi puntare maggiormente alle competenze STEM (discipline scientifico-tecnologiche). Ma non solo. Un occhio andrebbe rivolto alla realtà anche laddove materie come diritto ed economia non sono studiate: non è più accettabile uscire dalla scuola senza sapere cos’è un mutuo. Una particolare attenzione andrebbe dedicata al mondo che ci circonda, non solo facilitando scambi internazionali ma anche prendendo magari spunto da sistemi scolastici non così lontani da noi. Per esempio, avere un piano di studi con materie obbligatorie ma con la possibilità di integrarlo con materie opzionali scelte dallo studente secondo le proprie inclinazioni e passioni, sarebbe un’autentica rivoluzione. Uno studente reso protagonista delle proprie scelte saprà sicuramente cogliere maggiormente l’importanza della formazione. La nostra generazione si trova quasi in due realtà parallele: da un lato, il mondo dei social, della comunicazione veloce e del “tutto a portata di mano” sul web; dall’altro la scuola con i suoi “programmi” che dalle elementari alle superiori insiste sugli stessi contenuti sviscerati sempre più a fondo. Forse trovarsi a metà strada non sarebbe male. Forse, si potrebbe essere coraggiosi: un po’ meno storia greca e romana e più spazio all’attualità. L’importante è non perdere di vista lo scopo finale: far sì che la nostra autonomia di pensiero sia salvaguardata.
Cristina Sacco