Nel corso della storia iraniana, la posizione della donna nella società ha subito diversi cambiamenti. Come scritto nella Costituzione, in vigore dal 1979, viene garantita parità sociale ed economica tra uomo e donna, in base però alla legge Sharia. Quest’ultima corrisponde al complesso di regole di vita dettato da Dio per l’uomo, che rimane dunque assoluta e incontestabile. Tra ciò che è scritto e la messa in pratica, tuttavia, la strada è ancora lunga.
La società iraniana ha vissuto sotto la dinastia dello scià Pahlavi fino al 1979. Un lungo periodo in cui la politica aveva come obiettivo una modernizzazione, in grado di aiutare anche le donne ad acquisire maggiore visibilità pubblica. Il velo non era obbligatorio e l’accesso universitario aperto. Perlomeno fino al marzo del 79, quando la rivoluzione sancì la fine della monarchia e la nascita della repubblica islamica guidata da Khomeini.
Quest’ultimo, contrario all’occidentalizzazione inaugurata dal regime precedente, sosteneva che le aperture politiche precedenti avrebbero allontanato la popolazione dai princìpi del Corano. A pagarne le spese furono soprattutto le donne. Vennero in primis annullati i tornei sportivi femminili, ma soprattutto furono inaugurate nuove misure restrittive della libertà delle donne. Fu impedito l’accesso alla facoltà di giurisprudenza e le giudici furono private del loro incarico. Fu inoltre inserito nuovamente l’obbligo di indossare il velo nei contesti di lavoro o fuori casa. Decisioni che scatenarono giorni di proteste sfociate in violenza. La legge venne ritirata momentaneamente e alle donne venne imposto semplicemente un abbigliamento morigerato. Fin da subito molti Stati non rimasero indifferenti a quanto accadeva nell’antica Persia, e si unirono alle manifestazioni di solidarietà per le iraniane.
Per quanto riguarda l’aborto le donne mantenevano la possibilità di interrompere la gravidanza, ma solo nel caso di rischi mortali per la propria salute. Rimanevano, dunque, escluse le difficili situazioni economiche, le malformazioni gravi del feto e gli stupri. Una legge, questa, tuttora in vigore. Sempre nello stesso anno, ad agosto, fu eletto Presidente Khatami che introdusse nuove leggi indirizzate a una completa differenziazione tra uomini e donne. Nonostante tutto, l’Iran ebbe una donna vicepresidente, Masoumeh Ebtekar, in carica fino al 2005. Dal settembre del 1999 fu impedito alle donne l’accesso alle aule universitarie maschili e viceversa, come qualche mese prima venne addirittura votata una legge che divideva il servizio ospedaliero in base al sesso.
Al giorno d’oggi purtroppo le discriminazioni rimangono molte, soprattutto in ambito lavorativo e politico. Le donne non hanno il diritto di cantare, ballare, stare negli stadi se non per partite della nazionale, di vestirsi secondo il loro volere e di viaggiare sole all’estero se sposate. Il codice di abbigliamento prevede che si indossi l’hijab dall’età di sette anni, con maggiore rigidità per le ragazze adolescenti. Nel caso di violazioni a tali norme sono previste multe in denaro. Per il resto del corpo non ci sono regole particolarmente rigide se non per quanto riguarda gli indumenti aderenti. Le gonne devono coprire fino alla caviglia, le maniche devono essere lunghe e in caso di trucco questo deve essere leggero.
Negli ultimi mesi i tentativi di non rispettare questi codici hanno provocato la reazione del governo e le forze dell’ordine sono sempre più impegnate a far sì che le leggi sull’obbligo del velo continuino ad essere rispettate rigorosamente.
Di recente si è verificato un caso di violazione che ha visto protagonista Mahsa Amini, 22enne iraniana, arrestata a Teheran per aver indossando il velo scorrettamente. Un arresto che le è costato la vita. L’ipotesi più plausibile sulle cause del decesso è quella più inquietante: la responsabilità delle forze dell’ordine. Il corpo presentava evidenti ferite riconducibili ad un pestaggio; più difficile credere alla versione ufficiale dei sopraggiunti problemi cardiaci durante la reclusione della ragazza. La convinzione che il governo abbia tentato di coprire gli agenti ha scatenato una rivolta immediata sia all’interno del Paese sia all’estero, specialmente in Europa. Il caso ha raggiunto persino l’Italia. Le manifestazioni contro la politica della Repubblica iraniana procedono tuttora dopo circa due mesi dall’accaduto. Le donne, soprattutto, hanno cominciato a protestare più in generale contro l’oppressione dei loro diritti. Molte hanno scelto di bruciare i loro veli in piazza o di filmarsi mentre si tagliavano i capelli e hanno condiviso i video sui social, forse lo strumento attualmente più potente per sensibilizzare l’opinione pubblica. E, finalmente, al loro fianco anche gli uomini.
Giorgia Sulis, Giuliana Uligini