Con i suoi oltre 5 miliardi di utenti attivi, internet è senza dubbio la più grande innovazione tecnologica dell’era moderna: una connessione tra gli individui che raggiunge ormai praticamente chiunque, in qualunque posto, in qualsiasi momento. Tra le altre, è la generazione Z una delle più influenzate, poiché nata in un’epoca pervasa dalla rete: l’esposizione ad essa è fondamentale e permette di confrontarsi con il mondo globale che, un giorno, ci accoglierà come adulti e responsabili.
E’ innegabile che l’avvento di internet abbia avuto su noi giovani un impatto devastante. Non solo ha permesso a molti di “emergere”, di fare ascoltare la propria voce ma anche, spesso, di modificare le nostre visioni della vita: d’altra parte, il termine influencer deriva proprio dall’influenza che si ha sul pubblico. La quantità di contenuti e personaggi che questo sistema propone, tuttavia, è proprio quella che fa sì che si annidino, e proliferino, anche cattivi modelli.
È ormai di dominio pubblico il caso di Andrew Tate, ex kickboxer e influencer ad oggi indagato per sfruttamento della prostituzione, “emerso” sui social per i suoi contenuti complottisti, misogini e violenti. Tate propone una reinterpretazione in chiave moderna del Men’s Rights Activism, movimento antifemminista degli anni ‘70, che getta le sue fondamenta su una visione della popolazione maschile come oppressa e da liberare. Valori decisamente discutibili, se si analizza la società odierna, ma al contempo estremamente diffusi tra gli adolescenti maschi. Secondo i dati inglesi più recenti, infatti, l’ormai ex influencer ha il consenso di oltre i due terzi dei maschi britannici tra i 14 e i 18 anni.
E per quanto riguarda l’Italia? Non mancano certo cattivi modelli neanche da noi. Come non ricordare Homyatol, Marza e molti altri streamer emersi durante la pandemia, che sponsorizzano da ormai più di un anno siti legati al gioco d’azzardo, sui quali giocano in live davanti a migliaia di spettatori minorenni?
La questione è estremamente controversa e criticata nello stesso ambiente della piattaforma di Twitch, che ha recentemente preso posizione inserendo il gioco d’azzardo e le slot machine tra i contenuti proibiti, in seguito a espliciti avvertimenti da parte delle autorità. Si va oltre al contenuto neutro, divertente nella sua spensieratezza; si direbbe piuttosto di trovarsi davanti a pericolose armi a doppio taglio, affidate a persone poco consce della propria responsabilità e, di nuovo, della loro estrema influenza sui più giovani che ricercano in chi ha successo online uno stile di vita.
Allo stesso modo si può dire della gym community, italiana o globale che sia, che spesso estremizza la ricerca di un corpo “perfetto”, tramutandola in discriminazione nei confronti delle persone che non si adeguano agli standard fisici della società. D’altronde, i social sono giudizio e generano pregiudizio; sono lenti attraverso le quali la “vita” degli altri arriva ai nostri occhi, e viene valutata in bene o in male. Ma di fronte a immagini di corpi diversi dal proprio, descritti come perfetti, e a commenti discriminatori, sovente il giudizio ricade, come un macigno, sul giudicante stesso, e genera insicurezza, fragilità, se non addirittura un vero e proprio odio nei confronti di sé stessi.
Ma cos’è che rende un modello, buono o cattivo che sia? Cosa spinge la massa ad ispirarsi a contenuti decisamente discutibili?
Prima dei famosi quindici minuti di celebrità, garantiti ormai a chiunque da internet, i valori morali venivano trasmessi attraverso la relazione dal vivo, grazie allo scambio di idee e al tempo trascorso insieme concretamente nel quotidiano. Oggi, siamo invece costantemente immersi in una miriade di informazioni incontrollate, di proposte comportamentali che ci indicano ciò che è giusto, perfetto o opportuno. Perciò, molti di coloro che non hanno una propria opinione tendono a selezionare chi ascoltare esclusivamente in base al suo successo in rete o alla sua ricchezza. Le idee degli altri, che la fama fa spesso considerare giuste, diventano lentamente le proprie, e formano un ideale collettivo tanto pericoloso quanto inattaccabile nella sua forza comune.
E i cattivi modelli crescono indisturbati.
Sebastiano Scali