La psicosi da Impero Romano, durante l’estate, è diventata epidemica in certi ambienti social. Si parla di Roma e di quanto spesso gli uomini – nel senso dei maschi – pensino alla gloria passata dell’Urbe, anche grazie ai commenti fatti da Elon Musk su X. Era partito come uno scherzo, un meme come tanti, destinato a fare il suo corso per poi sparire nei meandri oscuri di internet. Eppure, qualche mese dopo ancora se ne parla: sarà anche per via della gloria imperitura di Roma, che resiste ai mutevoli gusti della modernità, ma forse è soprattutto la ricerca di qualcosa che la modernità non è in grado di offrire. Per molti, magari, significa la ricerca di un significato, il bisogno di partecipare a qualcosa di più grande. Roma non è stata il prodotto di un sol uomo, come tante altre avventure storiche. Non è stata solo l’impresa di Cesare o Augusto, di Romolo o Bruto, di Traiano o Diocleziano, ma la sintesi dell’opera di tutti coloro che hanno contribuito alla grande storia che studiamo. Oggi, forse, manca questo. Si pensa che l’uomo sia in crisi perché non ha qualcosa di più grande e glorioso di lui a cui contribuire con tutte le proprie forze. Sembra che la ricerca della vana gloria individuale voglia essere messa in secondo piano, perché si sente il bisogno di contribuire a qualcosa di “eterno” e la modernità multiforme, cangiante, individualista non fornisce gli stimoli adeguati. Tanti sono stanchi di essere partecipi di cose astratte, la crescita economica e il mercato che però non si incarnano in una realtà concreta. Roma aveva i suoi valori: il mos maiorum, la familia, la pietas, ma erano incastonati in un grande sistema organico. Si pensa che vivere secondo questi valori significava contribuire alla concreta crescita comune. Non è un caso che, di recente, i libri degli stoici siano diventati bestseller, ora che questa crisi dei valori si dipana sotto i nostri occhi. Marco Aurelio in particolare è diventato il simbolo di una “Nuova scuola stoica”, che riprende gli insegnamenti contenuti nelle Meditazioni. Sovente chi li legge non ha una solida base storica o conoscenza della cultura classica, ma poco importa, Roma ha un’eco e un immaginario così forti che non serve essere filologi o storici per apprezzarne l’idea di grandezza. Tanto più che, se superficialmente sembra che ci sia una passione per le vicende storiche, le ragioni vere travalicano l’erudizione: la partecipazione collettiva, trovare il proprio posto nel Mondo e ordinare una realtà che sembra troppo caotica. Un uomo smarrito brama la sicurezza e, in questi tempi di solitudine digitale, l’adesione con altri a un obiettivo comune e la condivisione di un fine. L’uomo contemporaneo cerca un individuo forte per colmare questo vuoto. Ma la nuova passione per Roma proprio qui risiede: tanti iniziano a pensare che un singolo non basti, che non potrà mai eguagliare uno sforzo collettivo millenario. Che sia un leader politico, un guru della finanza o un influencer, la sua guida è caduca. Il “progetto romano” no.
Che si tratti di un’illusione causata da una concezione mistica della storia? Difficile dirlo, chiaramente ci troviamo di fronte a un endemico disorientamento esistenziale e non c’è una panacea fruibile, un farmaco efficace per porvi rimedio. Sicuramente molti fenomeni che osserviamo sono il prodotto di una disperata ricerca di una cura, ma si sono rivelati nulla di più che palliativi scadenti e, molto spesso, anche dannosi. Basti pensare allo youtuber Jake Paul, prima osannato e poi caduto in disgrazia per controversie raccapriccianti, o anche l’influencer Andrew Tate che, più di recente, è finito sotto i riflettori per i suoi post aggressivi e violenti, finendo poi in galera per traffico di esseri umani.
Tanti vogliono cambiare rotta, anche senza aver capito molto di Roma, della sua storia, delle sue istituzioni e della sua cultura; pensano di averne compreso quanto basta per aprire una nuova via, o almeno provarci.
Vedremo una nuova stagione per i media? Una rivoluzione del nostro modo di percepire la nostra partecipazione e il nostro posto nel Mondo? Ai posteri l’ardua sentenza. Ma mai come ora, l’uomo si trova smarrito e in cerca di una guida più sana e grande e forse ha trovato nel passato la giusta ispirazione per scrivere una nuova pagina di storia.
Stefano Teppa