O tempora, o mores, direbbe lo sferzante Cicerone se avesse assistito allo spettacolo offerto dalle elezioni dei rappresentanti di istituto della nostra scuola.
Tra gli studenti presenti nel pubblico, c’eravamo anche noi. E quello che ci siamo trovati di fronte non è stato molto edificante. Il dibattito è stato decisamente poco civile e costruttivo, più un battibecco da bar dello sport che un reale confronto. Attacchi personali, battute fuori luogo, mancanza di serietà hanno coronato uno show degno della prima serata Mediaset. Sembrava Sgarbi contro Mughini, l’Annunziata contro Berlusconi, solo un altro dei tanti deludenti duelli che siamo tristemente abituati a vedere nelle nostre case la sera. Si è parlato poco di idee, di progetti e molto di feste, il solo argomento che è riuscito ad accendere (e far degenerare) la discussione. A pensarci, è piuttosto triste il come questa sia stata l’unica preoccupazione di alcuni candidati. E la passione politica? Correzioni, invettive, precisazioni senza fine. Sicuramente il frutto di tutta l’indignazione, il rancore e il nervosismo accumulati in una campagna elettorale dell’ultimo minuto, caratterizzata più dalle scorrettezze tra le parti che dal proporre contenuti, e sfociata in una danse macabre ai limiti del grottesco.
E chi ascoltava? Poco interesse, poca partecipazione attiva, molta noia e persino qualche lamento critico che si è tradotto in un isolato e anonimo, ma applaudito: “Non è così che si dovrebbe discutere…”. Il silenzio assordante, causato da questa ultima scomoda e puntuale precisazione, è stato rotto dal moderatore del dibattito nel tentativo di ravvivare i candidati che, per la prima volta, forse, si sono pentiti un po’ del teatrino che hanno imbastito. Ma la vergogna è durata poco. The show must go on. Il circo è ricominciato subito, fino a una battuta di troppo che ha fatto gelare il sangue di qualche presente, o perlomeno di quelli che stavano ascoltando: un affondo personale sconsiderato che ha mandato a gambe all’aria ogni tentativo del buon moderatore di rabbonire gli animi. Risultato: baraonda conclusiva e poi il voto. Prima di infilare la schedina crocettata nella scatola di cartone veniva quasi una stretta allo stomaco.
E’ questo il meglio che sappiamo fare? Noi, che sovente ci sentiamo dire di essere la classe dirigente del futuro, ci comportiamo esattamente come quella del presente e del passato. Ci fregiamo di essere diversi, nuovi, avulsi dagli orrori di palazzo, eppure, di fronte ai nostri diritti e doveri, non siamo in grado di tirare fuori questa presunta, grande, differenza.
Secondo la fisica moderna un atomo è frattale dell’universo, esatta copia in miniatura dei meccanismi del cosmo. Le Elezioni dei rappresentanti di istituto sono state in fondo proprio questo: frattali dello spettacolo della politica italiana, esageratamente populista e volgare, sempre pronta a dimenticare in fretta il bene comune ma non il tornaconto personale. Un’altra occasione mancata. Basterebbe un minimo di riflessione, per capire che è stata una triste prova di come forse non siamo ancora così pronti a essere classe dirigente. O forse, in fin dei conti, lo siamo già troppo.
La redazione