Al giorno d’oggi le valutazioni numeriche attribuite alle performance di noi studenti vengono spesso male interpretate. Molte volte, infatti, i voti si dimostrano essere delle lame appuntite, qualcosa che ci definisce, un rimprovero che ci fa sentire sbagliati, e non invece la semplice valutazione di un elaborato o della preparazione su singoli argomenti. Tendiamo sempre di più a una preparazione mirata a un risultato temporaneo piuttosto che a un momento autentico di conoscenza. In più, i voti sono sempre più percepiti come misura del valore personale. Nonostante spesso si ripeta che le valutazioni non quantificano le virtù e il talento effettivo, è proprio quello che succede ogni giorno utilizzando una scala numerica. In fondo, un numero è immediato, qualcosa di chiaro, che rimane impresso e non lascia molto spazio alle interpretazioni. L’equazione impegno=risultato porta quasi sempre a focalizzarsi esclusivamente sulla valutazione finale, tralasciando la cosa più importante: ciò che è stato appreso e studiato. Il numero nasconde dietro di sé pugnali affilati. In un colpo solo, quantifica l’impegno, le capacità e la dedizione, di fatto esprimendo un giudizio troppo sintetico; genera una grande sete di giudizio che crea ansia e inquietudine tra gli studenti, alimentando anche un malessere che diventa via via più grande. Non è così scontato che dietro ad una verifica andata male ci sia solo superficialità, anzi; possono esserci ore e ore di studio, se necessario anche di notte, sacrifici, allenamenti saltati, soldi spesi per delle ripetizioni private, lacrime. Come può tutto questo ridursi ad una cifra che occupa meno di un centimetro?
I voti numerici, apparentemente innocui, hanno fatto danni, e non pochi, fino ad arrivare a quelli più tragici. Uno dei casi più eclatanti è quello del 2020 che ha letteralmente sconvolto il liceo scientifico Frisi a Monza: a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, due suoi maturandi si sono tolti la vita a un passo dal traguardo. Certamente non bastano solo numeri bassi per spiegare qualcosa di così tragico, ma i due ragazzi apparentemente senza problemi, anche schiacciati dal mito della perfezione, probabilmente non hanno avuto la forza di reagire in maniera diversa. Questo è solo un esempio, ma basta dare un’occhiata ai dati più recenti, per accorgersi che in Italia è in aumento il numero degli studenti che ogni anno si tolgono la vita.
Sembra quasi paradossale che proprio l’ambiente che dovrebbe farci crescere più consapevoli, talvolta finisca col farci pensare di non valere niente, col farci passare ore e ore davanti ai libri senza nessuna garanzia che gli sforzi portino dei frutti.
Qualcosa deve cambiare.
Nicolas Cattaneo