Prime pagine commerciali e finte catastrofi: dov’è il giornalismo italiano?

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Viviamo in un mondo di tragedie e scandali di ogni genere e dimensione. Viviamo in un mondo in cui ogni cosa viene facilmente definita tragedia o scandalo. Ma soprattutto, viviamo in un mondo dove tragedie e scandali (anche quelli reali) vengono dimenticati dalla stampa velocemente, svanendo nella nebbia degli archivi.

Dipenderanno dai giornalisti o dai redattori questi cambi improvvisi? Non si può dire nulla con certezza, ma su un fatto si può essere sicuri: qualunque giornale su cui si butti un occhio, da “La Repubblica” a “Il Sole 24 Ore”, più che uno strumento di diffusione informativa sembra una bancarella di notizie, nella prima pagina gli articoli migliori, destinati anche loro in seguito a spegnersi in un dimenticatoio, lasciando molte questioni in sospeso, senza due righe di conclusione. Se si vuole prendere in analisi un caso famoso basti pensare alla tremenda epidemia di “aviaria”, che fece dei polli il terrore della gente per svariati mesi. Che ne fu? Debellata magari (di sicuro sui giornali non se ne trova la benché minima traccia), probabilmente accompagnata da così detta “mucca pazza” e seguite dagli scontri in Tibet, che come i casi precedenti, pare si siano misteriosamente dissolti. Ma per cosa poi? Possibile che i nuovi scoop siano talmente tanti da non lasciare neanche un posticino a chiusura di una storia vecchia magari, ma che merita un finale? La risposta è sì, se si considerano come notizie fondamentali o di estrema importanza l’ennesima adozione di Angelina Jolie o l’ultimo scandalo sull’”Isola dei Famosi”. Qui apro una parentesi, per pregare quelli che amano il gossip decisamente più della politica internazionale, che non me ne vogliano. C’è luogo e luogo, lasciamo che ad affrontare certi argomenti sia “Donna Moderna”. Chiusa parentesi. Ma attenzione: ad occupare notevoli spazi, spesso anche in prima pagina, si trovano anche notizie del genere: <<Nord Italia bloccato dalla neve. Rallentamenti e incidenti, ecc…>>; ora, se un articolo di questo tipo uscisse ad Agosto, meriterebbe certamente attenzione. Peccato che esca inevitabilmente, ogni anno, in pieno Gennaio, sovrastando sgarbatamente e arrogantemente ogni altra notizia, dalla cronaca nera a quella internazionale. Ma attenzione, non ci si limita a un bollettino meteo o alla cronaca solita degli incidenti. Disagi e rallentamenti (in molti casi ordinari anche senza maltempo) diventano argomenti presi di mira da orde di giornalisti in cerca di notizie facili, bramosi di ottenere informazioni per articoli puramente commerciali che le redazioni compreranno, sicure di vendere bene alla gente, desiderosa di nuove sempre diverse. Purtroppo una nevicata rimane comunque una semplice precipitazione: come fare a renderla degna di una prima pagina o magari di dieci minuti al telegiornale?  Niente di meglio di una bella catastrofe, che ha sempre tanto successo di pubblico. Ed ecco che due fiocchi di neve e un po’ di coda (ripeto: nel Nord Italia a Gennaio) diventano una seconda Era Glaciale, confermata da uno spasmodico conteggio dei centimetri di neve, per far vedere che questa volta ne è scesa davvero tanta. E nel frattempo dalla pagina numero 3 alcuni soldati palestinesi e israeliani hanno smesso di combattere e, affacciandosi sul notizione in apertura, si chiedono se non sia il caso di andare a spalare la neve in Italia, visto che al momento sembra una cosa della massima importanza, nonché priorità assoluta. Ed è qui che si vede quanto in basso stia scivolando il giornalismo italiano, che pur di vender copie, trascura ciò per cui è nato. Un vero giornalista non ha bisogno di ingigantire fatti da niente, bensì cerca le notizie che reputa utili e senza bisogno di fingere, è la sua penna a renderle appetitose, senza aggiunte : solo bravura.

Eugenia Beccalli (2F)

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