Santa Sofia e rientro a casa

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Ed eccoci all’ultimo giorno della nostra avventura in terra turca, una giornata caratterizzata da malinconici sguardi nati da ricordi felici ma ahimè solo più ricordi, speranze in una nube giunta da lontano ma non abbastanza densa da impedire il ritorno, ma anche dalla consapevolezza per alcuni di aver trovato nuovi amici e una nuova cultura estremamente ospitale e disponibile. Dopo una sveglia all’alba e un pasto frugale immaginateci immersi in un caldo umido per le strade di Istanbul circondati da minareti, monumenti e gente anch’essa accaldata e poi ai piedi del poderoso edificio conosciuto al mondo con il nome di Santa Sofia: un insieme di culture e storie di uomini ormai lontani. Passata l’emozione e la vena poetica causata, o dalla meraviglia per tanta maestosità o forse dal gran caldo, rieccoci immersi nel traffico urbano. Dopo una breve sosta in un locale tipico, un “kebabbaro” insomma, via a bordo di un piccolo pullmino fino all’aeroporto osservando la costa, il mare, le petroliere, la gente felice e spensierata al parco, il fumo dei barbecue, le partite di pallone. Un mondo che si allontanava da noi pur rimanendoci dentro. All’aeroporto purtroppo ci siamo dovuti imbarcare e tornare a casa, infatti anche la nostra ultima speranza di rimane a dormire lì come nei peggiori film hollywoodiani si è dissolta con i sorrisi dei cordiali addetti al check-in.
Beh, cosa aggiungere: a Malpensa le solite smancerie post-viaggio e poi tutti a casa a raccontare la propria esperienza, pur sapendo benissimo nel proprio cuore che non si potrà mai far sentire ai nostri amici o parenti gli odori di un piccolo negozietto di spezie del bazar, nè far capire a fondo ciò che si prova guardando negli occhi un piccolo sciuscià, nè tantomeno descrivere l’emozione di assaporare un dolcetto donato da un’ anziana e ringraziata solo con uno sguardo. Sono queste piccole cose a caratterizzare il viaggio di ognuno di noi. Un viaggio bellissimo.

Ciò che mi ha colpito maggiormente è stato il constatare di come si possa condurre una vita felice, anzi più felice pur essendo lontani oppure non particolarmente dipendenti da un mondo tecnologizzato come il nostro, un mondo raffreddato dalle comunicazioni telefoniche o via internet nel quale non ci si sofferma più a bere insieme guardandosi negli occhi e ci si fa gli auguri soltanto tramite facebook. Non ho mai avuto dei rapporti umani così intensi e senza un velo di ipocrisia come in questi 7 giorni.

Matteo Cantarutti (3D)

 

 

 

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