Ping Pong sound: un ritardo da record!

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img00121-20110503-1046Ping, pong, ping, pong, ping, pong … I riscaldamenti. Ping, pong, ping, pong … il brusio della gente affacciata per vedere quello sport che, generalmente, pratichiamo solo d’estate. Ping pong, ping, pong … gente  che viene, gente che va, gente che si siede sui divanetti, gente che resta in piedi a guardare ogni singolo movimento della pallina. Ping, pong, ping, pong … sono in ritardo, già di un quarto d’ora. Mi affaccio: un insieme di colori mi colpisce come un pugno in un occhio. Rosso. Blu. Grigio. Sprazzi persi qua e là di giallo. Bianco. Azzurro. E di nuovo rosso, blu e così via. Niente è iniziato, dopo venti minuti, ancora riscaldamenti. Educatori “chiamano” le palline. Ancora gente che parla, gente che domanda e gente che risponde. Ragazzi che fanno battute. Ping, pong, ping, pong, ping, pong. Ragazzi che arrivano, ancora. Ragazzi che non si allenano. A volte da soli. E intanto ping, pong, ping, pong, ping, pong. Ragazzi che si affacciano, urlano qualcosa di incomprensibile, che sembra essere un incitamento per la vittoria. Mi si mette davanti un signore con una felpa bianca. Copre il sole che illuminava le felpe dei ragazzi come un arcobaleno.

Nessun inizio, ancora. Due ragazzi non sono neanche scesi in campo, eppure tengono ben stretti in mano una racchetta da ping pong. Urli. Ping, pong … all’infinito. Ping pong, ping, pong, ping, pong … è una musica che colora la mattinata; sono parole dette ad una sola voce, all’unisono. Ancora ping pong, ping, pong, ma solo di riscaldamento.  

Dopo un’ora d’attesa, un’ora di riscaldamento, un’ora di gente che cammina ignara della mia attesa, un’ora di ragazzini che, impazienti, si chiedono a vicenda quando arriva il giudice. Un’ora in cui le squadre che vincono in altri sport vengono qui a festeggiare, aspettando – anche loro- l’inizio del torneo.

Ping, pong, ping, pong, ping, pong, ping, pong … ormai è solo più un suono di passatempo, non si sente nient’altro, solamente quel rumore che è diventato assordante e monotono. Si fa, invece, avanti la voce dell’attesa: grida, un suono strano; come se fosse – in qualche modo – intrappolata da qualche parte. Ancora atleti, ancora voci, ancora ping pong – passatempo. We’re waiting for … something. Anche se non sappiamo bene cosa.

Un educatore chiede ad un suo alunno se è cominciato, lui fa segno di no con la testa, quasi rassegnato.

Dopo ben due ore (di certo lunghe) di attesa un signore inizia a chiedere del giudice, inizia a chiedere come mai dopo due ore “tutto tace” (come disse una signora ponendo le stesse domande), come mai! Forse quello che ha sbagliato è stato il tono di voce, e così non ha ottenuto risposta se non due o tre insulti sottovoce.

Ping, pong, ping, pong … rumore che diminuisce col passare del tempo, segno che i ragazzini ad aspettare si annoiano, anche loro, come noi.

Continuo a sentire le solite voci di corridoio sul motivo del ritardo, così, stufa, entro in segreteria dove da tre ore il giudice lavora. Chiedo il motivo del ritardo e lui, cordialmente mi dà, in primis, un suo motivo personale e poi annette alle motivazioni di questo lungo ritardo che tutto ciò è anche  dovuto all’aggiunta di una ventina di persone all’ultimo momento.

Dopo tre lunghe ore, il giudice esce dalla sua stanzetta, raduna i ragazzini partecipanti attorno a un tavolo da gioco e spiega le regole e come segnare correttamente i punti. Due minuti di riscaldamento e poi … ping, pong, ping, pong … inizia il torneo.

 

Serena Zanirato

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