Mai più

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foto-artocoloSapete cos’è quel magone, quel nodo allo stomaco e quella difficoltà a respirare che vi prende quando il pensiero cade su quella persona a cui avete voluto davvero bene e che ve ne ha voluto altrettanto, ma che purtroppo non fa più parte della vostra vita? È Lui. Il “Mai Più”.

Sì … Per me è questa la cosa che abbatte di più: il “mai più”, il definitivo, inesorabile, inequivocabile STOP.

Stop alle telefonate e ai messaggi a tutte le ore.

Stop alle interminabili passeggiate e alle risate sui miei gusti musicali alieni.

Stop al pensiero che ti viene, istantaneo, quando qualcosa va storto: “Tanto, qualunque cosa accada, Lui c’è…”

Stop ai miei continui ritardi, a via Roma e via Lagrange, Busters, le inutili indicazioni stradali per tornare a casa (tanto alla fine mi perdevo sempre), alla metro, ai pub del sabato sera.

Stop al 4, al 10, al 56, alle interminabili ore di allenamento passate con la testa al cellulare e aspettando ansiosamente di uscire dall’acqua per vedere il messaggio che sicuramente mi attendeva.

Stop alla voglia di ridere incondizionata (magari anche dopo un 4), di mangiare, di fare qualunque cosa che non sia nuotare. O sedersi e riflettere.

Sedersi e scollegare il cervello da quel … Non so nemmeno come chiamarlo.

Perchè Dolore non è il termine giusto: dolore è un impulso inviato al cervello quando qualcosa va storto; il mio corpo è a posto …  È  il cervello quello che vorrebbe andare in tilt.

E quando passi davanti ad un bar e ti ricordi che proprio lì, su quella poltroncina arancione, hai passato un pomeriggio meraviglioso, al riparo dalla scrosciante pioggia sotto i portici, e al modesto costo di una lattina di coca e di un biglietto del pullman.

Un pomeriggio fatto di risate Vere.

Non quelle risate che ci si mette in bocca per diplomazia o per educazione, risate Vere dettate dalla felicità di poter passare un po’ di tempo con qualcuno con cui stiamo bene.

Stop alle corse per non arrivare in ritardo agli appuntamenti coi miei per non essere spellati vivi, alle scorciatoie e ai luoghi incantevoli di Torino. Stop alle ore infruttuose di “studio” passate a messaggiare. Stop a Verdi e Botticelli, alla House che comunque ascoltavo per farmi una cultura varia e che ora ho definitivamente abbandonato.

Stop alla certezza di contare almeno per qualcuno al mondo, per come siamo davvero fatti: senza veli.

Stop ai discorsi infiniti sulla pazzia dei prof e sulla scuola in generale (fulcro della nostra esistenza), stop ai resoconti delle serate meravigliose che io potevo anche sognarmi.

Stop all’appetito e ad ogni forma d’orario.

Stop alle figuracce con la vicina pettegola che ci beccava sempre a “salutarci” sotto il portone.

Stop alla frenesia del sabato pomeriggio, prima di uscire, stop alle discussioni inutili, alle fotografie e alle gambe doloranti, alle bolle, alle vesciche e ai cerotti.

Stop alle lezioni non studiate, alle canzoni cantate a squarciagola per sfogare la felicità e alle stupide prove di discorsi davanti allo specchio.

Stop: si cambia vita, irrevocabilmente.

E senza deroghe: rigidità ferrea, se non si vuole soccombere … Tanto tempo, due mesi e tutto passa …  Anche per le piccole ferite occorre convalescenza.

Cordialmente,

Giulia Beltramino (2B)

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