Una sera senza internet

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do-you-wanna-danceIn Texas, il tempo non esiste. O, perlomeno, le stagioni non esistono e il tempo è piuttosto imprevedibile. Dopo un freddo week-end di maglioni, sciarpe e piumoni, non si sa mai se aspettarsi una bella giornata di sole battente, un po’ di venticello, qualche nuvola, un caldo afoso e insopportabile o una notte di pioggia.
E’ uno tra gli ultimi mercoledì d’ottobre, il sole è ormai tramontato da un po’ e la temperatura si aggira tra gli 80 e i 90°F (25-30°C).Ma non c’è niente di strano in tutto ciò, niente di più di una texana serata autunnale. 
Esausta e stravolta dopo una lunga giornata, mi butto sul letto, sistemo il cuscino, incrocio le gambe e accendo il computer. Sfortunatamente, la signora che mi ospita ha deciso di passare una tranquilla serata a guardare la tv, lasciando di conseguenza il wi-fi spento.A me tocca un’altra serata senza Internet. Che fare? Apro Word, clicco play e lascio correre i pensieri..
“Da che ho memoria, ho sempre amato le parole, non le chiacchiere, quelle vuote..Parlo delle parole, quelle piene di significato, che rendono i concetti anche da sole..Con tre sillabe spieghi uno stato d’animo, non hai bisogno di un periodo complicato..”
Così canta Alex Vella, emergente rapper torinese noto con lo pseudonimo di Raige. Così canta con la sua voce appassionata, che esprime già solo col suo tono l’intensità e la forza con cui crede in ciò che dice.. Nelle parole..
Beh, nessuno può negare il fascino delle parole, ma ciò che affascina di più sono le frasi. Ogni parola è a suo modo completa, di un significato noto e definito, che può essere interpretato, ma pur sempre quello è, a grandi linee, per tutti. Si pensi a una frase, alla possibilità di scegliere le parole, di ordinarle e di metterle insieme. Beh, la frase è unicamente propria. La si crea, la si rilegge, la si riscrive, dandone il significato che si preferisce. E chissà se per il lettore il significato sarà lo stesso. Una frase è come un’opera d’arte: si può sceglierne i giusti colori, le giuste forme, ma chissà come apparirà alla luce del sole, al buio pesto, a una fioca luce, sotto una lampadina elettrica. L’immagine di per sé non cambierà, ma cambieranno i colori, le loro sfumature, cambierà chi la ammira, cambierà ciò che prova, ciò che ne capisce. E chissà cosa penserà il lettore di ciò che sta per leggere, o meglio i lettori perché per ognuno avrà un significato diverso.
E’ buffo. Non facciamo che dire che la vita è troppo corta, che non c’è tempo da perdere.. Eppure, passiamo la maggior parte del nostro tempo ad aspettare. Aspettiamo che finisca l’ora, che arrivi il tram o l’amico ritardatario. Aspettiamo il verde, la campanella, il nostro turno in fila, un messaggio, l’ora di pranzo. Aspettiamo una partenza, un ritorno, una grande occasione. Aspettiamo il gran giorno, la persona giusta. Aspettiamo una svolta, un cambiamento, un gesto, uno sguardo, una risposta. Per non parlare di tutto il tempo speso ad aspettare il momento giusto, che poi non è mai arrivato.
Aspettiamo, pensando all’istante successivo senza curarci del presente, dell’istante che stiamo vivendo e che, inconsapevolmente, abbiamo perso per sempre.
E’ buffo come odiamo tanto l’incoerenza ma poi siamo i primi ad essere una contraddizione vivente.
Altruismo e insicurezza, due concetti apparentemente scollegati tra loro. “Siamo sempre in ambito caratteriale, ok.. ma, per farla breve, non c’entrano niente tra loro, ecco.” O almeno è ciò che sembra, a primo impatto. Ma si pensi un attimo. Cos’è l’altruismo? Una definizione elementare può essere: aiutare gli altri, passare un pomeriggio a spiegare matematica, offrire le caramelle, passare all’ospite il primo piatto di patatine, regalare la propria maglia all’amica, dare qualche soldo a chi è più povero di noi. In poche parole, pensare ogni tanto a qualcos’altro oltre al nostro grande ego. Ma si provi a vederla dall’altro punto di vista. Altruismo, beh, è anche ascoltare prima di parlare, pensare prima agli altri e poi a se stessi, mettersi in secondo piano, posizionare il mondo e le persone, gli “altri”, al centro della nostra vita. E se si “preferisce” il loro al noi, il tu all’io, se ci si fida più degli altri che di sé stessi, probabilmente si cela una grande insicurezza nel profondo del cuore. Dire sempre è presuntuoso, ma ecco come, a volte, due termini apparentemente così distanti si avvicinano e si fondono tra loro. Basta pensare al contrario e forse tutto appare più chiaro. Per essere il centro del nostro mondo e di quello degli altri, bisogna amare sé stessi, no? Egoismo, egocentrismo e sicurezza. Altruismo e insicurezza. E si rifletta ancora. E’ dunque l’altruismo sempre così positivo? E’ poi così “giusto” sottovalutarsi, mettersi in secondo piano nella propria vita? Potrà sembrare superficiale, o egoista, ma effettivamente, per quanto ne diciamo, siamo noi il centro della nostra vita, siamo noi che la costruiamo, noi che la viviamo. Non gli altri. Non convincono le nette distinzioni tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, il bene e il male come realtà a sé stanti. Non è mai stato così facile. Questi sono i pregi e questi sono i difetti, si insegna anche ai bambini. Ma un pregio portato all’eccesso non è spesso assai peggio di un difetto non troppo marcato? Mettere in primo piano gli altri implica mettere in secondo piano se stessi, e mettere in secondo piano se stessi significa ascoltare e non parlare, amare e non essere amati, perché nessuno si innamora di chi, affascinato, tace. E poi arriva quel giorno, quella persona, quella domanda. Quel momento in cui quel qualcuno, per fascino o per “altruismo” (potresti anche essere tu stesso), interessato, chiede: chi sei? E’ difficile capire se stessi, quando si è impiega più tempo a cercare di capire gli altri.
Un attimo. Alzo il braccio, guardo il polso e dopo qualche secondo realizzo che è vuoto.  L’orologio, tolto ad allenamento, è nella borsa. Guardo il computer, in basso a destra. L’ora è italiana, ma in breve faccio il calcolo del fuso. Per diamine! E’ l’una di notte e non me ne sono neanche accorta. Ero troppo presa nei miei pensieri per realizzare il passare del tempo. Mi rendo conto, all’improvviso, di essere stanca. Uno sbadiglio, una veloce rilettura e poi a nanna. Giunta all’ultima riga, sorrido. Tutto d’un tratto è diventato più chiaro.
Lo ammetto, sono partita nell’illusione che qui tutto sarebbe cambiato, tutti i miei problemi risolti. Insomma, speravo in un’occasione per ricominciare da capo, in un altro mondo, dando il meglio di me. Ma in realtà qui non è poi così diverso. Anche se non so a quante miglia di distanza sono sempre io, la stessa ragazza insicura e “altruista” che apprezza più gli altri che se stessa, che aspetta un cambiamento che chissà se arriverà. Con qualche minuto in più, però, per pensare e lasciar scorrere i pensieri, come questa sera. Ma ormai è tardi e gli occhi mi si chiudono da soli. Buonanotte.

Martina Vanelli (4B)

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