Domenica 29 marzo è andata in scena al teatro Carignano la rappresentazione de “Il sindaco del rione Sanità” con Carlo Giuffrè. Alcuni studenti dell’Umberto I erano presenti e fra di loro pure io, che sono rimasta piacevolmente sorpresa. Mai me la sarei immaginata una favola così. Il Carignano è stupendo, un piccolo gioiello ben tornito e cesellato, una piccola opéra di Parigi, una delle location del Fantasma dell’opera- senza dubbio la residenza estiva. Pensavo che le loggette in alto fossero riservate solo alla nobiltà- le mie favolette – e invece sarò l’onoratissima ospite del palco II, ordine 31 per ben due volte! Nella mia ingenuità non credevo assolutamente che avrei mai potuto permettermi un posto del genere. La magia scintillante della sala circolare era smorzata dall’abbigliamento moderno degli spettatori, che impediva la corsa a ritroso nel tempo. Un vero peccato: nessun eco di zoccoli e carrozze fuori sul selciato. Le luci calano, che strana sensazione restare in apnea in un’ oscurità di velluto e poi farsi catturare dalla rappresentazione. Le logge fan da cornici dorate agli spettatori, il sipario fa da intelaiatura alla scena , e ti accorgi che la realtà della sala non è che una wonderkammer interamente tappezzata di tableaux vivants, and the masterpiece of the whole collection non è altro che la rappresentazione in atto. Una sfera foderata di specchi avrebbe sortito lo stesso effetto: la vita reale che si riflette nella finzione e, loggia per loggia le storie di tante vite diverse, poi quelle degli attori, quelle dei personaggi, l’universale e l’individuo che si incrociano continuamente, ripetutamente, come nei giochi di luce e vetri rotti di un caleidoscopio. Catarsi.
Eclatante come lo scroscio di applausi, l’emozione che vibra nell’aria ed esulta in un gran sorriso sulle labbra.
Da stare male, da far pazzie: mi piace. Tanti i motivi.
L’applauso del pubblico è un balsamo, è incenso e mirra, è soddisfazione impagabile, nutrimento per l’orgoglio. Recitare per davvero è una cosa tremendamente emozionante, sconvolgente; è fiducia, affiatamento, è un laccio fra gli attori e il loro pubblico. Tanto è condiviso, più di quanto non sembri.
Credo nell’arte, anche se è finzione, anche se è puro distillato di illusione.
Elena Castiglioni (4A)