Rappresentato da un gruppo di ragazzi del Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Napoli, lo spettacolo è ambientato in un quartiere periferico del capoluogo regionale della Campania dove vivono gli immigrati che lavorano in città. I protagonisti appartengono a due diverse culture: Amina e la sua famiglia sono di origine marocchina e sono musulmani; Diego, suo padre e suo zio invece sono napoletani. Il padre di Diego e il padre di Amina sono proprietari di due negozi dirimpetto: in entrambi gli angoli del palco erano sistemati due pannelli con scritte rispettivamente in Arabo e in Italiano.
Diego e Amina si frequentano contro il parere delle rispettive famiglie: per il padre di Diego, Vittorio, gli extracomunitari non hanno diritto a restare in Italia aggiungendo i loro problemi a quelli già numerosi della popolazione. Invece il padre di Amina, Ahmed, vuole portare la famiglia in Marocco per far recuperare alla figlia i valori della tradizione musulmana, che a suo parere ha perso integrandosi nella società napoletana.
Diego si ribella al divieto del padre di frequentare Amina, lei non vuole assolutamente andare in Marocco e si stupisce che la madre, dopo tutte le difficoltà incontrate, desideri così tanto tornare nel suo paese di origine. Invece il fratello di Amina, Nahib, non è riuscito a inserirsi nella società e decide di trovarsi un ruolo da cattivo che gli permetta di essere, per una volta, più forte degli Italiani. A fornirgli un impiego da scagnozzo è l’usuraia del quartiere, Mariasole, che gli commissiona un’incursione nel negozio di Vittorio, cui lei ha prestato dei soldi che lui non è in grado di restituirle. Quando il ragazzo entra nel negozio Vittorio gli spara e lui perde l’uso delle gambe, ma entrambi acquistano la consapevolezza di aver sbagliato a considerare l’altro un nemico.
Lo spettacolo si conclude con tutti gli interpreti sul palco a cantare insieme “Imagine” di John Lennon, la colonna sonora più appropriata per una rappresentazione che si propone di andare “al di là del muro” delle differenze culturali senza annullarle.
Nella performance è stata evidente la volontà di affrontare uno dei principali temi d’attualità, l’integrazione di persone immigrate, ma anche le difficoltà che esse incontrano nell’avere valori totalmente diversi da quelli della società in cui si ritrovano.
Per potersi integrare davvero in una società, senza perdere se stessi ma contribuendo a costruirla più aperta e completa, è necessario avere il rispetto di chi ci circonda: questo rispetto è la componente che sempre più spesso manca nei confronti di persone con una cultura particolare. Manca il rispetto e si rende impossibile l’integrazione, oggi più che mai fondamentale.
Amina e Nahib sono confusi e si trovano a dover scegliere tra i valori musulmani proposti dai loro genitori e quelli, del tutto opposti, della società italiana: lei desidera una vita normale, occidentale, lui critica la condotta della sorella ma non segue l’esempio retto del padre e si lascia coinvolgere in un’attività illegale.
Nella voglia di emergere di Nahib vediamo come il nostro sistema riservi a coloro che arrivano nel nostro Paese cercando una vita migliore delle possibilità così scarse che non allettano i giovani: per molti di loro è più attraente entrare a far parte della criminalità locale, così come vediamo fare da Nahib.
La scelta di un tema così attuale e scottante e l’indubbia bravura degli attori – alcuni dei quali hanno anche preso parte al X Convegno del Licei Classici Europei – ha reso la rappresentazione un’ottima occasione per riflettere con semplicità su un argomento piuttosto discusso: complimenti a tutti gli attori del Vittorio Emanuele II di Napoli!
Chiara Murgia