Another article in the wall

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Quella t-shirt, per favore. Sono 35 euro. Un breve conto. 185, se sommati ai 150 del biglietto. Ne valeva la pena? Assolutamente si. E si entra. Non c’è più posto. Io ed Euge (Eugenio Troìa, VC) ci sediamo con le gambe penzoloni sotto la ringhiera che separa il secondo dal primo anello. Si aspetta mezz’ora ed eccolo lì. Accompagnato da un boato entra nel Mediolanum Forum di Assago uno degli elementi più illustri degli illustri Pink Floyd: Roger Waters, il bassista. E si attacca con “In the Flesh”. Le parole vengono spontanee, e, ad un certo punto, le lacrime anche. Sembra un sogno: non solo a noi, alla sala intera. A noi sarebbe bastato che parlasse, e invece no. Cantava, e nel frattempo veniva montata la scenografia di quell’opera rock che è “The Wall”: il muro di mattoni di polistirolo si alzava e si alzava. Alla fine della prima parte era finito. La magia, quella vera, è arrivata con Comfortably Numb, uno dei pezzi più rappresentativi del gruppo. Durante l’assolo, il chitarrista viene innalzato su una carrucola al di sopra del muro, e la sua ombra, grazie ad un enorme riflettore alle sue spalle, viene proiettata sulla parete di fronte. Nel frattempo Roger si ferma e sembra colpire un punto del muro: questi, grazie ad una proiezione, sembra rompersi, e ne viene fuori un arcobaleno. Quando ad un certo punto finisce, uno non sa cosa dire. Ha cantato per due ore consecutive, e non ha più parole. Quello che ha visto è un film, più che un concerto, dedicato a tutti i morti in guerra, e riadattato dall’idea originale dei Pink ai giorni d’oggi. E l’ha vissuto. E dopo, uno non sa più cosa dire.

Riccardo Tione (4B)

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