Nei cinema italiani, dal 19 Ottobre, è in programmazione il film IT, tratto dall’omonimo libro del maestro del brivido Stephen King. Questa trasposizione si distacca profondamente dalla miniserie televisiva degli anni ’90, iconica ma comunque “invecchiata male”. Il film è un horror a tutti gli effetti: jumpscares, momenti di tensione e un’angoscia persistente.
Il vero protagonista della pellicola è l’inconfondibile Pennywise, rivisitato: finalmente adesso fa paura, ha uno sguardo molto più inquietante, un raccapricciante costume vecchio stile, e un viso bianco arricchito di dettagli rossi che non fanno certo tornare in mente un “clown ballerino”.
Ma oltre al pagliaccio, c’è un’altra entità che assume comportamenti minacciosi, ovvero la stessa cittadina di Derry, o meglio, i suoi abitanti; è come se ci fosse un collegamento tra il clown e le persone. IT riappare ogni 27 anni, dà la caccia ai bambini per un anno e poi torna in letargo; nel periodo della caccia, gli adulti sembrano mostrare indifferenza, come fanno i genitori di Georgie, rassegnati al fatto che il bambino sia solo morto nelle fogne in seguito alla tempesta, mentre è stato ucciso e divorato dal clown; oppure si pensi alla manipolazione mentale cui IT sottopone il padre di Beverly, facendolo diventare l’incubo della povera ragazza, della quale abusa ripetutamente.
Un horror contemporaneo con un messaggio importante che va ben oltre lo spettacolo fine a se stesso. Il film si presenta come una vera e propria analisi introspettiva di ognuno di noi, del nostro lato più oscuro, delle nostre più profonde paure.
Una lotta quotidiana a cui non è possibile sottrarsi, ma che forse è possibile superare con il tempo. E’ questo ciò che rappresenta IT: accettare le proprie paure, affrontarle a viso aperto e sconfiggerle. Pennywise, infatti, impersonifica le paure di ogni ragazzo del film: ad esempio, il timore dell’esclusione di Bill a causa delle sue balbuzie, oppure l’irresolutezza di Eddie dovuta all’ipocondria della madre; i comportamenti degli adulti risultano quindi fatali, più spaventosi del clown stesso.
Muschietti si vuole soffermare sull’adolescenza e sulle dinamiche, a volte incomprensibili, che questo difficile periodo della vita presenta.
Il bullismo resta il tema di fondo del film: i ragazzini protagonisti fanno infatti parte del Club dei Perdenti, mentre i bulli – Henry e la sua banda – si sentono i piu’ forti, pur essendo in realtà solo vittime di se stessi. Tuttavia la trama si spinge ancora più a fondo, mostrando come la potenza dell’amicizia riesca a prevalere su tutte le ingiustizie.
Quindi il film è un vero e proprio specchio della difficile realtà che circonda gli adolescenti, ma anche la dimostrazione che non sono soli.
Cecilia Achino, Fabio Cannizzo, Paolo Galieri