Volenti o nolenti, nessuno di noi può evitare lo sguardo e il giudizio di tutte le persone che ci circondano . Sicuramente possiamo essere disinteressati di fronte alle opinioni altrui, ma non possiamo ignorare il fatto che facciamo parte di un gruppo, di una società.
La pratica dei tatuaggi è legata indissolubilmente alla storia umana dalla notte dei tempi, si pensa addirittura dalla Preistoria, ed è stata ritenuta di tale importanza da aver ottenuto l’apertura di un museo dedicato all’arte dei tatoo nella “Venezia del nord”, Amsterdam.
Nella antica Roma ebbe un largo sviluppo il tatuaggio, infatti in quel periodo molti cristiani avevano preso l’abitudine di tatuarsi simboli religiosi per marcare la propria identità spirituale. Questa pratica venne però soppressa con l’accettazione del Cristianesimo e, successivamente, religione di Stato.
Altre religioni invece non hanno mai permesso tale pratica, l’Ebraismo ad esempio vieta tutti i tipi di tatuaggi permanenti intesi come “incisione accompagnata da una marca indelebile di inchiostro o di un altro materiale che lasci una traccia permanente”
Nell’Islam il divieto riguarda i soli uomini; molto diffusi sono i tatuaggi permanenti con l’henna.
Per queste due comunità però la pratica dei tatuaggi viene identificata come mero vezzo estetico, una decorazione. Storia diversa è quella che concerne i maori dell’Oceania, i giapponesi, i cinesi, gli inuit e le popolazioni del monte Hager. Per questi popoli i tatuaggi sono quasi una questione sacra: definiscono una posizione sociale oppure vengono tatuati gli eventi più importanti e significativi della vita di ogni individuo. Tenendo conto del suo passato, sorge una domanda: in quale modo e per quale motivo il tatuaggio nel corso dei secoli ha assunto una connotazione negativa, arrivando addirittura usato come elemento identificatore di una mente criminale?
Tutto iniziò con il Proibizionismo, o meglio, la lenta – ma neanche tanto- ascesa dell’era del tatuaggio iniziò durante il periodo del Proibizionismo.
Il tatuaggio divenne un tabù e, come molte altre cose,di conseguenza diventò molto diffuso. Vuoi per il brivido del proibito, vuoi per l’aura di fascino mista a ripugnanza che questa pratica aveva sempre suscitato nelle persone, il tatuaggio cominciò ad affermarsi sempre di più nell’immaginario popolare come sinonimo di “criminale”. I due termini andavano a braccetto e non potevi definirti un vero criminale se non avevi come minimo almeno un tatuaggio. Cosa rappresentasse di per sé non era importante, ma il solo fatto d’averlo era come se si accendesse un enorme insegna a neon con la scritta lampeggiante %