Il Decreto Sicurezza del ministro Salvini è paragonato alle leggi razziali del 1938 dagli studenti e la loro professoressa Rosa Maria Dell’Aria viene sospesa per non aver vigilato sul lavoro svolto. Nonostante sia risaputo l’antifascismo del vice-premier, il ministero dell’Istruzione fa scattare la punizione per un paragone troppo azzardato. Non sembra una contraddizione? Dove vanno a finire quelle libertà di pensiero e d’insegnamento che devono essere il cardine di un sistema scolastico liberale e democratico, in una parola antifascista?
Per fortuna, insegnanti e studenti d’Italia lo ricordano a tutti: non siamo più sotto un regime totalitario. Il 21 maggio 2019 è diventato il Teacher Pride, e alle ore 11 chi crede nella libertà di esprimere il proprio pensiero ha interrotto le sue attività, si è alzato in piedi e ha letto ad alta voce gli articoli 21 e 33 della nostra Costituzione. “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Questo è il principio fondamentale su cui si basa, e si deve basare, il nostro sistema scolastico. La protesta contro la sospensione della professoressa Dell’Aria non è andata a vuoto, e Salvini si è sentito in dovere di mettere le mani avanti. Le sue parole sono state chiare: “la punizione è sbagliata e sarà ritirata”. Non solo, il ministro andrà addirittura ad aprire l’anno scolastico proprio nell’istituto finito sotto i riflettori, per “spiegare che è sbagliato accostare leggi razziali e difesa dei confini”. Un ministro che tiene una lezione? Libero di farlo. Sarebbe però auspicabile che a poterlo fare, fin da subito, fosse stata anche la professoressa Dell’Aria e che questa vicenda, frutto di fraintendimenti ed eccessi di zelo burocratico, si chiudesse presto con il ritiro del provvedimento di sospensione.
La Redazione