Il 26 gennaio 2011 Paolini, nel suo spettacolo, ha parlato di un fatto storico del quale pochi sono a conoscenza.
Nella Germania di inizio ‘900, una nazione piegata dalla crisi del primo dopoguerra, cominciò a diffondersi la consapevolezza dell’esistenza di bocche in più da sfamare a carico dei cittadini: migliaia di disabili e malati psichiatrici che pesavano sulle finanze dello stato tedesco e non producevano nulla.
Furono queste le prime vittime del nascente nazismo, prima ancora di ebrei e zingari, fino ad ora rimaste nell’ombra. L’origine di questa vicenda non ha inizio né nella Germania nazista né nella pazzia di Hitler, ma nei civilissimi Stati Uniti, dove alla fine dell’800 cominciò a prendere piede l’eugenica: la “scienza del miglioramento della razza che non si limita al controllo
di unioni giudiziose, ma che soprattutto nel caso dell’uomo, si occupa di tutte le influenze suscettibili di dare alle razze meglio dotate la possibilità di sopraffare le razze meno buone” (Galton, 1883).
Le prime leggi statunitensi a riguardo stabilivano la sterilizzazione dei malati di mente a partire dal 1907 nello stato dell’Indiana. Da questo provvedimento iniziò anche in Germania un programma di sterilizzazione per gli individui con problemi psichici che ben presto si tramutò in una vera e propria soppressione delle “vite indegne di essere vissute”; Ausmerzen: la marcia che i pastori affrontano con le loro greggi a primavera, alla quale i più deboli non sopravvivono.
Questo significava uccidere tutti coloro che avrebbero rallentato la “marcia” della Germania nazista, il Terzo Reich.
A questo scopo furono costruiti i primi “centri di soppressione” in cui, con la scusa di trovare nuove cure alle malattie genetiche, si stavano testando quelle che sarebbero poi diventate le principali armi di stermino naziste: le camere a gas.
Tutto questo fu realizzato con la connivenza di medici di famiglia, autorità, infermieri e perfino suore cattoliche, che avevano il compito di convincere le famiglie a consegnare i parenti malati, dicendo che dovevano essere trasferiti in centri specializzati rivelatesi in seguito veri e propri ospedali della morte.
Questa è la storia di uno sterminio di massa, conosciuta come T4, che sta per Tiergatenstrasse 4, indirizzo di un ufficio di Berlino che guidava una schiera di medici, infermieri, psichiatri e impiegati che nella Germania nazista hanno soppresso più di 300 mila “vite indegne di essere vissute”.
Mentre i capi nazisti venivano condannati o fuggivano, i medici continuavano i loro esperimenti su bambini e neonati non ostante la caduta del regime, infatti di queste stragi si venne a conoscenza ben dopo la fine della guerra.
Quando tutto ciò venne alla luce fu chiamata a testimoniare e raccogliere prove una donna, un medico di famiglia che aveva visto come una nazione ridotta alla fame avesse potuto arrivare a cercare e vedere il male tra i propri cittadini. Le testimonianze raccolte fecero emergere una storia terribile e spaventosa di genitori ignari e figli innocenti che, incapaci di reagire, credendo di andare in luoghi specializzati per le cure invece andavano a morire.
Eppure molti scienziati folli come Mengele sono riusciti a dare il loro contributo alla medicina purtroppo mediante i loro esperimenti nei campi di concentramento. Ciò significa che, in qualche modo, siamo tutti figli di uno dei maggiori stermini di massa della storia?
Non dimentichiamoci che la Germania nazista non è l’unica ad aver autorizzato queste stragi; ogni nazione ha i suoi “scheletri nell’armadio”, assassinii spesso destinati all’oblio.
Beatrice Costa (1G)