Donne e Chiesa: un risarcimento possibile? È dalla partecipazione dell’autrice ad un convegno teologico con questo tema che nasce il nuovo libro di Michela Murgia “Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna” – Einaudi Stile Libero Big, 2011, pp. 166, euro 16 – un libro, come l’autrice stessa l’ha definito: “su di me, su mia madre, sulle mie amiche e le loro figlie, sulla mia panettiera, la mia maestra e la mia postina”. La donna è infatti l’indiscussa protagonista, sebbene gli uomini siano parte integrante poiché hanno avuto – e continuano ad avere – un ruolo importante nella relazione tra donna e Chiesa. Nel corso di sei lunghi capitoli Michela Murgia si lancia in un dettagliato esame della figura della donna, in primis come personaggio che nemmeno nella morte gode di un ruolo attivo: essa infatti – fa notare l’autrice – nella cronaca non “muore”, ma “viene uccisa”, o, se si tratta di coppie universalmente conosciute, “stroncata dal dolore” per la morte dell’illustre e amato coniuge – al quale però spetta il diritto di “venire a mancare”.
L’autrice prosegue la narrazione con il tema classico della maternità: quella biblica di Maria e quella umana, e spesso difficile, delle donne comuni, tra le quali spicca per abnegazione Gianna Beretta Molla. Seguendo il suo santo esempio le donne cattoliche, conclude con grande ironia Michela Murgia, se decidessero di sopravvivere al parto compromettendo così la vita della loro creatura non farebbero male, ma “se scegliessero di morire farebbero meglio”.
La critica dell’autrice non si limita però prettamente al rapporto donna – Chiesa, ma approfondisce alcuni aspetti della nostra società estremamente condizionati dalla religione e pertanto portatori di un modello femminile assai complicato da seguire. La televisione infatti, fa notare Michela Murgia, ci propone solo donne giovani e belle e pertanto ritenute vincenti. In altre parole la donna, invecchiando, non guadagna la saggezza e l’autorità che nelle Sacre Scritture come negli spot pubblicitari vengono attribuite a gli uomini in età avanzata, ma diventa oggetto di numerosi disturbi che la rendono ideale per proporre alle coetanee sedute davanti al piccolo schermo rimedi di ogni genere contro il progressivo disfacimento del loro corpo.
Altro punto cruciale della narrazione è sicuramente la necessità della donna credente di identificarsi in un personaggio di una qualche rilevanza religiosa che, per forza di cose, non può essere che Maria. E sebbene questo non sia un libro sulla Madonna, l’autrice esamina a fondo questa figura e trae la conclusione che è attraverso la sua strumentalizzazione che la Chiesa ha costruito un modello di donna sottomessa e dedita all’accudimento. Di per sé, infatti, la decisione divina riportata nelle Sacre Scritture di comunicare direttamente a una donna la futura nascita di Cristo comporta una vera e propria rivoluzione rispetto a quelli che erano i costumi all’epoca della compilazione. È solo con il corso del tempo e dell’opera della Chiesa insomma che Maria diventa una figura unicamente passiva e piangente. Da allora, generazioni e generazioni di donne si sono identificate con questo modello, rendendo ulteriormente efficace l’educazione in questo senso che i genitori impartivano loro.
Oltre che Mater Dolorosa e figura del tutto sottomessa alle decisioni dell’uomo, l’immaginario collettivo permette alla donna di rivestire anche il ruolo di Eva, il cui nefando operato viene riscattato pienamente solo dall’abnegazione di Maria. All’interno della coppia infatti la donna è ‘per natura’ la seduttrice che porta l’uomo a cedere alle tentazioni del corpo, tuttavia ella deve reprimere questa caratteristica avuta in eredità dalla colpevole progenitrice e concedersi al marito – anch’egli ‘per natura’ dotato di una volontà debole – solo per adempiere al precetto del remedium concupiscentiae.
Dall’uscita in libreria a Maggio 2011 questo saggio ha sicuramente ottenuto il favore di quella parte del pubblico che vi ha trovato una profonda riflessione sulla relazione che la donna ha con se stessa, con il ruolo che le viene attribuito nella e dalla Chiesa e, conseguentemente all’influenza che quest’ultima ha sulla società italiana, anche nella vita. Tuttavia non è mancato chi ha dato un’altra lettura di questo libro: secondo questo punto di vista i concetti riportati dall’autrice e documentati da precise citazioni delle Sacre Scritture sarebbero solo affermazioni scontate, ‘aria fritta e rifritta’. Sicuramente scritto per essere compreso anche senza particolari strumenti teologici ed ad età diverse, questo nuovo libro di Michela Murgia richiama l’attenzione su atteggiamenti e abitudini ma che tendono ad essere considerati naturali in realtà sono frutto di condizionamenti generazionali e fra le righe emerge una profonda riflessione che obbliga a porsi delle domande scomode: le donne riusciranno a riappropriarsi davvero della propria immagine e del proprio ruolo, senza ripetere quegli errori che la foga del femminismo le ha talvolta portate a fare.
Chiara Murgia (3C)