Quest’autunno, mentre in Italia infuocavano le proteste contro la riforma universitaria e studenti e ricercatori occupavano tetti e monumenti, anche il popolo neozelandese è sceso in strada, ma per tutt’altri motivi. Ciò che ha causato turbamenti nell’animo di questo popolo è stata, infatti, la decisione di Peter Jackson di ambientare “Lo Hobbit”, il famoso prequel de “Il Signore Degli Anelli”, non più nella sua terra nativa. Per questo hanno manifestato: per paura di perdere il turismo che la saga gli ha portato, perché i film ormai sono considerati patrimonio nazionale o forse ancora perché, in fondo, ogni neozelandese si sente un piccolo hobbit. Queste creature, infatti, sono descritte da Tolkien come degli allegri e sorridenti omini che vivono la loro vita indisturbati all’interno della Contea, dando grandi feste e camminando rigorosamente scalzi. Se osserviamo attentamente ogni punto di questa descrizione, ci accorgeremo che possiamo con facilità accostare ognuna di queste abitudini ad un qualsiasi abitante della Nuova Zelanda: tutti sono allegri e sorridenti e allo stesso tempo rilassati, tranquilli e, sarà forse che il posto più vicino è l’Australia (a più di tre ore di volo!), piuttosto sedentari, visto che i non lasciano spesso il loro verde paradiso terrestre. Il sabato sera le feste sono all’ordine del giorno, si balla, si ride, ci si diverte e ovviamente si alza un po’ il gomito. Ma non è tutto. Manca l’ultimo punto: Il camminar scalzi. il rifiuto delle scarpe da parte degli hobbit è forse la caratteristica che più li accomuna con i neozelandesi. Camminare Barefoot, come dicono loro, è considerato quasi uno stile di vita. In casa essere perennemente senza scarpe non suscita poi chissà quale stupore, ma i neozelandesi vanno anche a far la spesa, a scuola o a praticare sport completamente scalzi. Nell’ora d’educazione fisica le scarpe non si cambiano, ma si tolgono soltanto, anche se devi giocare a calcio la prima ora di una piovosa mattina invernale. E’ consuetudine vedere persone scalze che camminano per strada, vanno in bici o guidano. In sei mesi ho cercato più e più volte di capire il perché di tutto ciò, chiedendo se gli desse un senso di libertà, li facesse sentire più a contatto con la natura o semplicemente il perché. Sfortunatamente la risposta è stata sempre la stessa: Because I like it.
Sofia D’Angelo (4C)