Berlinguer e la nuova scuola

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Ebbene sì, abbiamo saltato un giorno di scuola: non odiateci per favore! Del resto il convegno ad Alessandria ha comunque dato frutti educativi, non puramente ludici! Oltre al confronto con ragazzi provenienti da realtà inimmaginabili per molti di noi, abbiamo avuto anche occasione di ascoltare i progetti, i pareri e le idee dell’ ex Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer sulla scuola di oggi, sulle riforme in atto e sulle reazioni dei giovani. Ma alla fine della conferenza è sorto un dubbio: noi ci conosciamo, sappiamo e sappiamo immaginare i motivi che hanno spinto noi e gli altri ad andare in piazza a protestare a settembre (anche se spesso non erano quelli giusti), ma molti hanno visto nelle proteste e negli striscioni un 68 resuscitato, un moto che sfiorava l’insurrezione secondo alcuni.

Così qualche giovane curioso a chiesto a chi ci vede da fuori:<< Mi scusi, riguardo alla riforma Gelmini: qualcuno ha parlato di un “nuovo 68”, improprio a mio parere in quanto passato lo scandalo politico si è spento subito. Ora, secondo lei è valido come paragone e ci sono speranze che la protesta risorga?>>

<<Nella storia è difficile che si ripetano avvenimenti nella stessa maniera, cercare di trovare una forma di analogia è forzato. Anche perché il 68 non era solo un movimento di studenti…era anche di studenti, nato prevalentemente nelle università e poi nelle scuole; era un movimento che ha introdotto forme di libertà rispetto a certe forma arcaiche di organizzazione sociale e di organizzazione anche degli studi. Ha imperversato nel mondo, partendo in Francia come movimento. Il primo 68 è francese e poi è dilagato perché in quel momento la società soprattutto europea, in particolare la fascia benestante riproponeva alcuni valori che venivano assai sottovalutati, certe arcaicità nella forma gerarchica di organizzazione sociale e degli studi che sono state poi cancellate. Il 68 ha fatto anche dei danni perché appunto vi era un’idea di egualitarismo che non era equità ma era iniquità perché misurato verso il basso non verso l’alto, ossia abbassando la qualità di tutti, non alzandola… lasciamo il 68 alla sua Storia, che è una grande Storia con luci ed ombre.

Quello che è successo a settembre secondo me si spiega prevalentemente in un modo: i docenti, perché sono stati loro i primi, e gli studenti, che sono stati però numericamente inferiori, si sono sentiti un po’ offesi dall’idea che la scuola sia tutta fatta da fannulloni e che bisogna tagliare, tagliare, tagliare…si sono sentiti offesi dal fatto che non si dava riconoscimento al grande valore sociale dell’istruzione. Se l’istruzione e la cultura sono e devono essere una priorità nella società della conoscenza, quel tipo di tagli la negano, quando altri paesi investono sempre più. Io sono del parere che ci siano degli sprechi e questi sprechi vadano cancellati, quindi quella parte in cui il governo vuole eliminare questi ultimi è bene che vada avanti . Ma guai se poi i tagli sono indiscriminati: si rischia di ottenere poi risultati molto negativi. Il decreto sembrava che si ponesse come una negazione del valore sociale dell’istruzione, non una misura particolare di bilancio. Questo ha determinato una reazione e quindi la protesta è comprensibile e da rispettare, ma è un elemento che ha un grande difetto, che io oggi ho provato a colmare: se non abbiamo un’idea di quale scuola nuova vogliamo, la protesta significa: manteniamo la scuola che c’è. Io la scuola che c’è non la voglio mantenere in nessun modo, bisogna fare la scuola della partecipazione, della comunità educante, della centralità dell’apprendimento, del rapporto fra teoria ed esperienza, del rapporto fra arte e curiosità scientifica e saperi disciplinari. Tutte le cose che io mi sono permesso di dire sono la prova del fatto che bisogna cambiare la scuola nel profondo.>>

 

 

Eugenia Beccalli (2F)

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