Bomba a Bangkok

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bomba a bangkokUn altro paese, un’altra bomba, un’altra strage di innocenti.

La zona attorno all’Erawan – un enorme santuario induista situato vicino al centro di Bangkok (Thailandia) – trovandosi lungo uno dei maggiori crocevia della città, è molto frequentata, sia dai turisti, che dai residenti.

In mezzo a quelle migliaia di persone che la percorsero la sera del 17 agosto 2015 c’era un uomo. Sembrava un uomo qualunque, purtroppo non lo era.

Quest’ uomo si aggirava con una borsa per quelle vie piene di gente.

Verso le 19 (le 14 in Italia), alcune telecamere lo videro abbandonare la borsa sotto una panchina.

Pochi secondi più tardi la bomba contenuta in quella borsa esplose, causando una delle peggiori stragi che la Thailandia contemporanea abbia mai visto.

Questo non era l’unico ordigno che sarebbe dovuto esplodere, ma è stato l’unico che alla fine lo ha fatto. Ne furono trovati altri: uno è stato immediatamente disinnescato, mentre l’altro è stato trovato inesploso.

L’obbiettivo?

“Danneggiare il turismo e l’economia del paese” ipotizza il governo tailandese.

Secondo i dati riportati dal giornale “Panorama” lo scoppio ha provocato circa 22 morti (8 dei quali stranieri) e 123 feriti.

Ma in opposizione alla crudeltà di questi attentatori sorge la sensibilità delle persone davanti ad una strage, ad un dolore comune.

Il giornale “La Repubblica” scrive: “Scioccati dall’attentato, decine di abitanti di Bangkok si sono presentati negli ospedali dove sono ricoverati i feriti per donare sangue oppure offrire il loro aiuto. Una folla di volontari è giunta a destinazione in moto o altri piccoli veicoli, malgrado i posti di blocco che impedivano l’accesso agli ospedali”.

Il colpevole non è stato ancora trovato ma, secondo diverse fonti, sono già stati individuati numerosi complici.

Alessandra Culasso (1D)

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