L’anno all’estero è finito e tu sei di nuovo a casa, casa tua. Tanti pensieri ti offuscano la mente, uno solo è certezza: bisogna festeggiare!
Ebbene sì, non importa se quello passato sia stato l’anno più bello della tua vita o se morissi dalla voglia di tornare, se ti sia divertita o se non lasciavi il telefono nemmeno un secondo per paura di perdere la chiamata di tua madre su Skype; non conta se ti manca l’America, se ti vuoi solo abbuffare di pasta, se hai ritrovato o meno tutte le persone a cui avevi detto “a presto” la scorsa estate … Adesso una festa di bentornato è d’obbligo. Non solo è la perfetta occasione per trasgredire ad ogni singola, “ingiusta” regola che all’estero hai dovuto rispettare (o meno), ma è anche un modo per onorare quei legami che sono sopravvissuti ad un anno di assenza e di distanza, ballando con i tuoi migliori amici sulle note delle canzoni di quella che ormai è l’estate passata, anche se per te non è mai finita.
E allora giù, ingoia il primo shottino di vodka alla menta, così, per sentire che questi nove mesi non sono mai passati, che non è cambiato nulla. In effetti è vero: gli amici sono quelli di sempre, i pettegolezzi e gli eccessi pure, la musica ha lo stesso volume, il massimo. Ma allora è possibile cancellare un intero anno in un attimo? Che cosa ti rimarrà dell’America dopo tutta la fatica che hai fatto per completare il percorso che ti eri prefissata? Quattro chili in più e nient’altro?
Uno shottino di sambuca e dici a te stessa che tornando indietro non faresti più la stessa scelta. In fondo ci vuole coraggio per ammettere certi rimpianti. Il terzo shottino, invece, è necessario per fingerti indifferente ogni volta che ti chiedono come sia andata in Arizona, se ti sei divertita. Certo che sembrano tutti onestamente dispiaciuti quando tu rispondi di no, nonostante il sorriso smagliante a trentadue denti (non per l’alcol, ma perché sei veramente felice di essere tornata). Tutti si preoccupano, si informano e tu sei obbligata a dare delle spiegazioni, ma come fare? Come dire che hai dovuto cambiare famiglia? Che la prima ti ha cacciata e che la seconda stava per fare lo stesso, senza sembrare tu quella in torto? Come far credere che la tua rappresentante di zona, che lavora per l’organizzazione che avrebbe dovuto occuparsi di te, ti ha calunniata, portando la tua madre adottiva ad odiarti, senza destare strani sospetti?
Potresti, poi, raccontare di quando nella prima famiglia il tuo letto era infestato dai bedbugs, i cosiddetti “pidocchi del letto”, e che, nonostante tutti i letti ne fossero pieni, eri stata accusata di averli introdotti tu dalla casa di un’ amica; eppure non acquisiresti più credibilità. Citando quella volta in cui avevi espresso alla famiglia il tuo desiderio di migliorare il vostro rapporto perché così non eri felice e la madre di conseguenza ti aveva proposto di assumere degli antidepressivi, non susciteresti più di tanta pietà. Se poi aggiungessi che soltanto dopo questo episodio avevi scoperto casualmente che la figlia maggiore soffriva di depressione e che due anni prima aveva tentato di suicidarsi, ti aggiudicheresti il ruolo della sfortunata protagonista di una soap opera di seconda scelta, ma nulla di più.
Ti avevano accusata di mangiare troppo, confrontando quanto spendevano quando il figlio maggiore viveva con loro e quanto stavano spendendo con te. Ti avevano dato della barbara, dell’ingrata e della maleducata quando avevi osato dire che le lasagne italiane si preparano con la besciamella e non con la ricotta, ma non ti pentirai mai di averlo fatto. La cosa migliore che ti è successa, infatti, è stata quando dopo questo malinteso avevano smesso di considerarti completamente. Tu non lo sapevi ancora, ma ti ignoravano perché avevano chiamato l’associazione ordinando di farti traslocare entro sette giorni. Giusto in tempo per la Vigilia di Natale ti eri trasferita a casa del tuo coach di calcio ed eri stata bene per un po’. Perciò ti era crollato il mondo addosso quando quattro mesi dopo sua moglie ti aveva urlato in faccia che non eri mai stata la benvenuta e che l’unico ad averti voluto adottare era stato suo marito “promettendo che si sarebbe occupato di tutte le tue necessità e preso ogni responsabilità”. Non era la prima volta, tra l’altro, che ti sentivi considerata alla stregua di un animale domestico. A maggio l’unico dei tuoi ospiti triste per la tua partenza era il padre; peccato che si fosse fatto dare l’indirizzo email di una tua parente single e che ora intrattenga un’originale relazione extraconiugale con la tua madrina via Skype. Ovviamente le hai detto che non hai alcuna intenzione di accompagnarla oltreoceano a trovarlo.
Probabilmente i tuoi amici non capiscono un granché della tua storia, ad un certo punto non ce la fanno più e vogliono solo farti sentire che gli dispiace, che è finita e che sono contenti che tu sia di nuovo a casa. Non ha importanza, tu stessa in questo momento hai la consapevolezza che tra qualche settimana ti rimarranno solo i ricordi positivi e un americano fluente con un forte accento. L’Arizona ti ha anche dato tanto in fondo, tante conoscenze, tante esperienze. Soprattutto ti ha fatto vedere sotto un altro punto di vista te stessa e la tua vita, permettendoti finalmente di apprezzarle. Hai capito che sei forte, in grado di affrontare qualsiasi cosa anche da sola, ma questo non implica che non provi sentimenti travolgenti, vivi come quella paura che crescere e diventare indipendenti significhi non poter contare su niente e su nessuno. Perché hai capito che nella vita si ha bisogno di certezze, di punti fermi in cui confidare e di qualcuno che ti ricordi quanto vali, che sei importante e che tu quel qualcuno ce l’avrai sempre. Al contempo, però, hai imparato a non dare nulla per scontato e a ringraziare per ogni cosa, ed è proprio ai ringraziamenti che dedichi l’ultimo shottino, a un grazie all’America che ti ha ospitata e un grazie all’Italia che ti ha riaccolta.
E giù!
Melania Yaya Dho (5B)