Poeta, scrittore, giornalista, traduttore e critico letterario. Della nostra terra, più precisamente. Nato nel 1908 a Santo Stefano Belbo, nella provincia di Cuneo, e cresciuto a Torino, Cesare Pavese è stato uno dei letterati più amati del suo tempo e apprezzato ancora oggi da giovani e adulti. Le classi quinte hanno avuto la possibilità di svolgere un’uscita didattica proprio nella città natale dell’autore e, in quest’occasione, visitare il museo a lui dedicato e conoscere più a fondo l’artista santostefanese.
Arrivate in mattinata a Santo Stefano, sono andate in “esplorazione” della sua casa d’infanzia, con l’appoggio di una guida che ha approfondito la vita di Pavese. Le opere dell’autore sono state tradotte in più di settanta lingue. All’interno di una bacheca al secondo piano erano esposte varie copie in portoghese, giapponese e francese tra le altre lingue.
La visita all’abitazione di Pavese è stata seguita da quella alla casa di Nuto, il migliore amico dell’autore, nonché uno dei protagonisti realmente esistiti del romanzo “La luna e i falò”. Come è stato narrato sul posto, egli fu falegname e successivamente sindaco della sua città, richiesto a gran voce dagli abitanti subito dopo la guerra. Nuto sapeva tutto sull’amico; solo di una cosa non si era reso conto: la voglia matta di Cesare di mettere fine alla propria vita. Nella sua casa, infatti, il calendario è rimasto fermo al 28 agosto, giorno in cui, nel 1950, venne annunciata la sua morte.
Gli amori più importanti per Pavese furono due: Tina Pizzardo e Constance Dowling. La prima, insegnante di matematica, venne sempre ricordata come “la donna dalla voce rauca”. A causa di alcune lettere proibite scritte da Bruno Maffi alla donna stessa e in possesso di Cesare, l’autore fu condannato a tre anni (successivamente ridotti a cinque mesi) di carcere.
La seconda invece, americana di patria, ma in cerca di successo nella Hollywood europea, sfruttò Pavese per avere dei ruoli da attrice. Egli infatti se ne innamorò, ma venne rifiutato e abbandonato, uno dei motivi che successivamente lo spinse al suicidio.
I colleghi di lavoro hanno sempre descritto la casa editrice come la casa materna di Pavese, poiché passava ore intere a scrivere, nella quale spesso mangiava e dormiva anche. “Non posso abbandonarmi alla vita, perché la letteratura è un’amante troppo gelosa”, disse un giorno.
Il letterato, successivamente alla stesura del romanzo “La luna e i falò”, si trovò ad affrontare una crisi letteraria. “Mi sento come un fucile sparato”, ha citato la guida riprendendo le parole stesse.
L’autore, vincitore del premio Strega nello stesso anno della sua morte, era un appassionato di autori americani, tra cui Walt Whitman. Leggendo i suoi romanzi, infatti, è possibile riscontrarne tra le righe le caratteristiche tipiche degli scrittori da lui tanto amati.
La pausa pranzo a Castagnole delle Lanze ha permesso ai futuri maturandi di assimilare le informazioni ottenute in mattinata, permettendo, inoltre, di perdersi in pensieri profondi degni di un paesaggio autunnale tipico delle Langhe e ispirarsi alla vita dell’autore. Come è possibile che un artista così sensibile e colto abbia potuto soffrire a tal punto da arrivare al suicidio, ma allo stesso tempo riuscendo a trasmettere ogni emozione in ciascun romanzo? Perché le persone attorno a lui non si sono mai accorte dell’animo sensibile che nascondeva dentro di sé?
Queste e molte altre sono domande con una risposta impossibile da trovare, sia nell’alunno del liceo D’Azeglio che ha reso famosa Santo Stefano Belbo, sia in tantissimi altri poeti di ogni tempo.
L’ultima tappa della giornata è stata la cittadina di Alba, dove ci si è rilassati prima di tornare a casa, passeggiando per le viuzze della città e assaporando un gustoso gelato nella patria della Ferrero. La giornata, anche se breve e veloce, è stata un’ottima opportunità per approfondire l’autore che per anni ha reso onore alle nostre terre, divenendo famoso in ogni parte del mondo.
Claudia Brizzi (5E)