Citando in Avatar

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E’ uscito da pochi giorni nelle sale italiane uno dei film più attesi dell’anno, con la promessa di un 3-D innovativo e di un successo già largamente riscosso all’estero: ovviamente è arrivato “Avatar”.

Considerato praticamente il nuovo salto evolutivo del cinema, “Avatar” era già in cantiere da quindici anni, quando nel 1995 James Cameron buttò giù il primo copione, che dovette poi archiviare per dedicarsi interamente ad uno dei suoi più grandi successi, “Titanic”.

L’idea già c’era, mancavano soprattutto i fondi, i cui costi si moderarono notevolmente con l’avvento del digitale. Ed è stato proprio grazie al digitale che i fantastici scenari di Pandora, il pianeta su cui è ambientato il film, hanno potuto essere resi estremamente realistici, stupendo gli spettatori con paesaggi mozzafiato. La mimica stessa dei personaggi digitali è stata pari a quella degli attori in carne ed ossa. Un film di due ore e mezza che tuttavia riesce a tenere svegli anche i meno portati per le lunghe proiezioni, una storia avvincente e delle ricostruzioni che sembrano uscite dal mondo dei sogni. Un ottimo spunto di riflessione anche dal punto di vista ecologista, sia per i piccini che per i genitori. Detto ciò e consigliato il film, il resto del brano è per chi il film l’ha già visto. Anche la trama è da considerarsi originale, ma saranno solo erudite citazioni i continui riferimenti a scene celeberrime ed epocali del mondo del cinema? A partire dall’approccio della popolazione Na’Vi con il loro pianeta d’origine e con le creature che lo abitano, ispirato alle culture dei nativi d’America; soprattutto da “L’ultimo dei Mohicani” sembra tratta la scena della caccia ed il rispetto per la preda uccisa, con tanto di ringraziamenti alla madre terra.  Alcuni personaggi sembrano aver popolato altre pellicole, primo fra tutti il colonnello Miles Quaritch, che potrebbe essere un discendente in versione futuristica del tenente colonnello William “Bill” Kilgore, fanatico della guerra fino al midollo in “Apocalypse Now”; non proprio “adoro l’odore del napalm al mattino presto”, ma “sbrighiamoci qui, voglio essere a casa per cena” (mentre si stermina una popolazione) non è male. Se mai il protagonista avesse voluto aiuto per imparare a rapportarsi con la popolazione Na’Vi avrebbe sempre potuto chiedere a Kevin Costner, che in “Balla coi lupi” ha affrontato più meno la stessa situazione. Spostiamoci in casa Disney: fra “Pochaontas” e “Atlantis” qualche somiglianza la si trova senza troppe difficoltà: principessa di una popolazione indigena incompresa si innamora del protagonista, che all’inizio preferisce tenersi il proprio orgoglio nazionalista, poi capisce di essere nel torto e passa dalla parte della ragazza. E ancora, chi si ricorda la mini serie televisiva “Dinotopia” nata dai racconti di James Gurney? In una delle scene più famose, uno dei due protagonisti deve salire in cima ad una rupe e domare uno dei tanti pterodattili (che ovviamente va scelto col cuore), affinché questi diventi poi il suo compagno di volo fisso. Ricorda qualcosa? Insomma, un bel mix senza dubbio. Non è un mistero che le produzioni americane da una decina d’anni a questa parte abbiano puntato sui loro topos cinematografici, consumandoli fino al midollo; ma ci si aspetterebbe che il film più costoso mai prodotto sfoggi delle idee più fresche benché nel complesso risulti una storia interessante quanto avvincente. Non resta che aspettarsi la solita ondata di gadget e altri prodotti di marketing che laveranno il cervello alla popolazione nei mesi seguenti, dai videogiochi ispirati alle sorpresine nei cereali. Ma a parte questo, basteranno gli effetti speciali a scolpire un posto anche ad “Avatar” nella colossale storia del cinema? Del resto “La Dolce Vita” è un mito tutt’oggi ma non di certo per la sua grafica digitalizzata.

Eugenia Beccalli (3F)

 

 

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