Cliché

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“Cliché” è un termine onomatopeico originariamente espresso per indicare il rumore della matrice metallica, incisa per la riproduzione di più copie di una stessa illustrazione.

In senso figurato indica un concetto cristallizzato, fisso, immutabile, che si ripete sempre uguale e privo di originalità. Esso concerne una visione semplicistica collettivamente condivisa ed è parte integrante del tessuto sociale. Ad esempio, per quanto riguarda certe categorie sociali, si tende ad attribuire in maniera indistinta delle caratteristiche, ignorando tutte le potenziali differenze che potrebbero essere rilevate tra i componenti di tali categorie. Lo stereotipo, come sostiene Berger, è qualcosa di strutturato ed interno alla realtà. Esso non è altro che “una costruzione sociale e deve la sua genesi alle successive sedimentazioni di senso apportate dal divenire storico-culturale” .

Questo genere di preconcetti sono talmente radicati nell’immaginario comune che occorrerebbe il susseguirsi di varie generazioni affinché essi vengano rivalutati o addirittura rimossi.

Secondo l’intellettuale Walter Lippmann: ” il rapporto conoscitivo con la realtà esterna non è diretto ma mediato dalle immagini mentali di quella realtà che ciascuno si forma”. Avendo vissuto in una realtà differente, percepisco di poter comprendere pienamente la nozione di stereotipo. Vivevo immersa in una dimensione caratterizzata da attitudini, vezzi e modi di vivere differenti da quelli con cui ero abituata a confrontarmi prima di partire. Lasciando il mio paese, devo essermi trascinata, in modo del tutto inconsapevole, idee e letture interpretative sulla cultura estera. Frattanto sapevo che ben presto avrei sviluppato un atteggiamento maggiormente critico nei confronti dei più diffusi pregiudizi e mi sarei costruita un’opinione personale. In senso proprio il pregiudizio riguarda un giudizio creatosi precedentemente all’esperienza diretta, privo di una profonda conoscenza.

Ad esempio, prima di partire, ho sempre preso in considerazione unicamente la regione Parigina e la Costa azzurra, non valutando l’importanza degli altri territori francesi. Consideravo i francesi nazionalisti, intrisi di fierezza, altezzosi; inoltre pensavo che i ragazzi fossero romantici, leziosi e femminei e le ragazze caratterizzate da eleganza e raffinatezza. Alcuni di questi luoghi comuni si sono, con il trascorrere del tempo, sgretolati.

All’estero ogni persona è preceduta dalla reputazione della propria nazione, un fenomeno che crea implicitamente un muro per l’interscambio culturale. Analogamente, sono stata spesso associata a luoghi comuni sugli italiani. Ci definiscono chiassosi, istintivi, protesi sul mediterraneo e di conseguenza aperti al mondo. Considerano l’uomo seduttore e hanno una visione ridotta e distorta sulla mafia e sulla cucina italiana. Questi ed altri stereotipi mi hanno portata a riflettere su aspetti del patrimonio italiano che devo aver assimilato e dato sempre per scontato, ma che sembrano riflettere solo in parte la realtà. Secondo me è importante essere consapevoli che gli stereotipi non sono concetti innati, ma il frutto di un lungo processo. Di conseguenza dietro ogni idea che si è formata, esiste un velo di verità che non riguarda in modo particolare un individuo, ma che racchiude un valore sociale. Come ogni processo ha quindi la capacità di evolvere e mutare nel tempo.

L’assenza di conoscenza induce il nostro intelletto a creare preconcetti. E’ un naturale processo cognitivo che ha la funzione di colmare conoscenze non acquisite direttamente, in relazione a qualcosa o qualcuno. Se lo stereotipo diventasse da parte nostra, oggetto di critica e riflessione saremmo in grado di sfatarne il suo mito.

Trarre l’esperienza di una situazione o di un’emozione designa il fatto di vivere qualcosa interiormente, di farne personalmente la prova piuttosto che di esserne semplicemente lo spettatore. A volte si aggiunge a questa prova un’idea di tentativo. Si fa un’esperienza per provare qualcosa che altrimenti non potremmo conoscere: l’esperienza rilascia il sapere.

Ilaria Viale (4B)

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